Da poco anch’io ho in tasca la mia prima carta d’identità elettronica (CIE), che rispetto a quella precedente, cartacea e verde, si è rimpicciolita, è diventata più (banal-)nazionalista e non rispetta più la legge. Sì, perché ero convinto che il «problema» fosse stato risolto, ma invece da oltre tre anni le banche dati non sono ancora state corrette e gli indirizzi contengono l’odonomastica solo in italiano. E quindi anche sulla mia carta d’identità il nome della via in cui risiedo è indicato in versione monolingue italiana, in barba alla legge. Ma si sa, la legge vale integralmente solo quando tutela la maggioranza nazionale e in tal caso i problemi che possano sorgere vengono risolti con solerzia.
Tra l’altro, rimangono monolingui italiani — non è previsto né il tedesco né altra lingua come l’inglese — anche i servizi digitali associati alla carta, a partire dall’applicazione per smartphone i cui contenuti sarebbero traducibili in mezza giornata. Evidentemente, però, mancano sia la volontà sia il rispetto. L’esempio positivo di Immuni dimostra che, quando si vuole, anche in Italia si riesce a mettere a disposizione servizi plurilingui e in pochissimo tempo.
L’assenza dell’odonomastica ufficiale in lingua tedesca, tra l’altro, non è «solamente» una questione di diritti e di eguaglianza, e basterebbe già questo, ma può effettivamente essere causa di problemi e fraintendimenti, quando utilizzata parallelamente a documenti redatti solamente in tedesco, perché gli indirizzi non coincidono. Allo stesso tempo, quando si presenta la carta d’identità per registrarsi da qualche parte potrà venire trasferito solo l’indirizzo in italiano, e così si contribuisce alla regressione dell’odonomastica in lingua tedesca.
Non appena ricevuta la nuova carta d’identità e resomi conto del fatto che il problema continua a persistere, mi sono rivolto per iscritto al Commissariato del governo, purtroppo ancora responsabile in materia. Vedremo quale soluzione (o quale scusa) mi verrà proposta. Sempre che ci si degni di rispondermi.
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