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Genere binario, la Consulta se ne lava le mani.

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Un sudtirolese che studia a Vienna, cui alla nascita era stato assegnato il genere femminile, si è rivolto al tribunale di Bolzano/Bozen per chiedere l’attribuzione di un genere non binario (altro/neutro) e farsi riconoscere il diritto di sottoporsi a interventi medico-chirurgici di adeguamento.

L’Italia, come per i diritti LGBTQIA+ in generale, anche per quanto riguarda — nello specifico — i diritti delle persone transessuali, è uno dei paesi meno evoluti dell’Unione europea e perfino il più arretrato in assoluto dell’Europa occidentale (fonte: Transgender Europe, 2024). Tra le altre cose, non sono previsti né ammessi generi anagrafici diversi da quelli maschile e femminile ed è necessario che, caso per caso, un tribunale autorizzi i relativi trattamenti medico-chirurgici. Un insulto all’autodeterminazione individuale e al rapporto medico-paziente.

Questo, per inciso, vale la pena ricordarlo anche a coloro che ingenuamente ripetono che «ormai i confini in Europa non esistono più», per cui anche l’indipendentismo sarebbe obsoleto. E invece già tra Tirolo meridionale (perché facente parte dell’Italia) e Tirolo settentrionale (perché appartenente all’Austria) la vita di una persona, a maggior ragione se transsessuale, può cambiare diametralmente.

Per dirimere il caso, il tribunale sudtirolese si è rivolto alla Consulta, sollevando questione di legittimità costituzionale. Questa però — nonostante una carta fondamentale «bellissima»ha negato il diritto al genere neutro, lavandosene le mani e rimandando tutto alla responsabilità del legislatore, «primo interprete della sensibilità sociale». Legislatore che però, essendo maggioritariamente rappresentato dall’estrema destra, per bocca di Alessandro Urzì (FdI) ha già fatto sapere che di superamento dello status quo non se ne parla.

Non che comunque quando in Italia governava il cosiddetto centrosinistra fossero mai stati fatti chissà quali grandi passi avanti, altrimenti la situazione non sarebbe quella che conosciamo.

Assurdamente, la Corte costituzionale ha giustificato la propria inazione col fatto che

l’eventuale introduzione di un terzo genere di stato civile avrebbe un impatto generale, che postula necessariamente un intervento legislativo di sistema, nei vari settori dell’ordinamento e per i numerosi istituti attualmente regolati con logica binaria.

– sentenza n. 143/2024

Non ricordo (ma non sono un giurista) che l’impatto di una sua decisione avesse mai interessato — o addirittura inibito — la Corte. E comunque sembra molto strano che «l’impatto» possa incidere sulla costituzionalità di una norma o di un principio che la informa.

Nel procedimento ha deciso di intervenire anche la presidente del Consiglio, invero non del tutto estranea alle disforie di genere, chiedendo l’inammissibilità o la non fondatezza delle questioni. Le argomentazioni di cui l’Avvocatura dello stato, in sua rappresentanza, si è servita sono del tutto rappresentative dell’oscurantismo al potere. Come ad esempio l’affermazione secondo cui «l’identità di genere, per sua natura mutevole, anche giornalmente se del caso – si pensi al caso dei “genderfluid” – non è un dato che si presta a essere fatto oggetto di attestazioni di stato civile.» Un insulto alla ragione e, anzi, un volgare insulto alle persone interessate. In altri paesi non sembrano esserci problemi di questo tipo.

L’unica concessione della Corte costituzionale, ad ogni modo, è stata quella di rivedere l’autorizzazione preventiva del tribunale per gli interventi medico-chirurgici, limitatamente ai casi in cui la transizione di genere sia già intervenuta. Tuttavia anche tali interventi rimarranno invariabilmente imprigionati nella logica binaria, da maschile a femminile o viceversa.

Dal Sudtirolo, chi potrà, si trasferirà oltre confine per sottrarsi a questo regime oscurantista.

Per quanto riguarda la classifica di Transgender Europe (2024), comunque, faccio notare che tra i paesi più avanzati figurano Malta, il Lussemburgo e l’Islanda — con popolazioni paragonabili, per dimensioni, a quella sudtirolese. E non mi risulta che maschi e femmine o le veneratissime famiglie tradizionali lì siano implose.

Cëla enghe: 01



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