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Medici e professionisti si impegnano per la lingua catalana.
Buone pratiche

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Poco più di un anno fa, nel marzo del 2023, a partire da un gruppo Whatsapp di medici impegnati nella difesa dei diritti linguistici dei pazienti, in Catalogna era nato il gruppo Metges – Salut pel Català (Medici – Salute per il Catalano), con la volontà di

  • informare i professionisti sui loro doveri e i pazienti sui propri diritti in materia linguistica;
  • sensibilizzare e vigilare sull’effettivo rispetto del diritto a ricevere attenzione medica in lingua catalana;
  • sottoporre all’amministrazione sanitaria e alla politica proposte concrete ed efficaci, anche creative, per migliorare la situazione linguistica («laboratorio d’idee») e
  • impegnarsi a fare un uso attento e consapevole del catalano in prima persona da parte di chi aderisce al gruppo.

Quest’ultimo punto include l’utilizzo di default del catalano nella redazione delle cartelle cliniche, delle ricette e quant’altro, l’invito a utilizzare sempre il catalano come lingua di partenza nelle conversazioni con i pazienti, indipendentemente dalla loro provenienza o dal loro aspetto, l’impegno a mantenere l’uso del catalano nelle riunioni interne anche se qualcuno usa il castigliano e a utilizzare sempre il catalano nella comunicazione di servizio, indipendentemente dall’interlocutore. Infine, i medici e professori di medicina membri dell’associazione sono impegnati anche nella promozione del catalano nella ricerca biomedica.

Ad una presentazione pubblica di Metges – Salut pel Català (MSpC), costituitosi ufficialmente come associazione, dieci giorni fa hanno assistito centinaia tra medici, docenti, politici, sociolinguisti ed entità di promozione e difesa della lingua catalana, come Plataforma per la Llengua e Òmnium Cultural. Nell’aula magna della facoltà di medicina dell’Università di Barcellona (UB), presso l’Ospedale Clínic, l’organizzazione ha fatto il tutto esaurito, ma i membri sarebbero ormai varie migliaia.

Tra gli obiettivi per il biennio 2024/25 ci sono:

  • la creazione di una rete di associati che possano dare vita a gruppi di dinamizzazione del catalano nei vari centri, non solo pubblici ma anche privati;
  • l’istituzione, grazie al Ministero catalano della sanità, di una figura, presente in ciascuna struttura, che vegli sull’implementazione e il rispetto della politica linguistica;
  • lo sviluppo di un progetto pilota di accoglienza e accompagnamento costante dei nuovi professionisti per sensibilizzarli, per migliorarne le conoscenze e le attitudini linguistiche e — se provenienti da altrove — per far loro conoscere meglio le specificità della Catalogna.

Per esercitare la professione di medico in Catalogna è necessario padroneggiare il catalano a livello C1, lo stesso richiesto in Sudtirolo per il tedesco, ma che qui da noi alcuni vorrebbero ridurre e che di fatto in molti casi non viene comunque rispettato. Il problema maggiore, oltre alle eccezioni a tale regola che esistono anche in Catalogna, è il fatto che non pochi medici, pur conoscendo il catalano, non lo utilizzano o lo utilizzano troppo poco, sottovalutando l’importanza della dimensione linguistica. Il ministro catalano alla sanità, Manel Balcells (ERC), che è intervenuto alla conferenza, ha ammesso che le segnalazioni per mancato rispetto dei diritti linguistici — come in Sudtirolo — sono molte e in aumento. Il suo dipartimento recentemente ha messo in campo un «piano strategico» per la lingua catalana, che a suo avviso verrà portato avanti anche se le elezioni del 12 maggio portassero a un cambio di maggioranza. Carme Bertral, funzionaria responsabile per l’attenzione sanitaria e la partecipazione presso il ministero ha sottolineato che la lingua fa parte della cura, e quindi chi vuole curare deve farlo nella lingua in cui il paziente pensa, ama e si esprime.

Jaume Padrós, presidente dell’Ordine dei medici di Barcellona in un intervento ha sottolineato che non può essere considerato un «medico completo» chi non padroneggia il catalano e Marina Geli, portavoce di MSpC, ha detto che la professione di medico non è nemmeno concepibile senza l’empatia, anche linguistica.

In Sudtirolo, purtroppo, non c’è nessun gruppo che pubblicamente sostiene le lingue minoritarie (tedesca e ladina) sempre più sotto pressione nella sanità — e, anzi, l’impressione soggettiva è quella che (mentre i nazionalisti non hanno mai grosse difficoltà ad esporsi e a fare pressione per ridurre i diritti linguistici dei loro pazienti), purtroppo, anche le associazioni specializzate evitino di parlare di questo problema.

Sarebbe invece bello se qualcuno avesse voglia di seguire l’esempio catalano. Sicuramente Metges – Salut pel Català sarebbe disponibile a fare rete e scambiare esperienze.

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