La […] parabola di italianizzazione forzata ha attraversato ovviamente anche il mondo del cibo. I supermercati si sono riempiti di diciture, etichette, marketing che magnificano le tradizioni italiane, sui marchi è comparso dappertutto il tricolore. In pochissimi anni la pubblicità si è adeguata e Italia è la parola più usata in qualunque spot. Si potrebbe […] fare qualche confronto emblematico. Prendiamo il marchio Cirio, per anni il logo delle passate e dei pelati era «Come natura crea» che diventava lo slogan «Come natura, Cirio conserva»: nel Novecento e oltre era celebrata la capacità dell’industria, e anche la modernità nel mantenere la genuinità del prodotto. All’inizio degli anni dieci questa narrazione è stata sostituita da un’altra. Il logo è diventato «Cirio, cuore italiano», e negli spot davvero «Italia» e «italiano» sono ripetuti così tante volte da sembrare il famoso sketch dei Monty Python sulla carne Spam.
Addirittura l’invenzione della tradizione si spinge fino a dichiarare che, essendo stata fondata a Torino nel 1856, «Cirio era già Italia quando l’Italia ancora non c’era». Ossia a attribuire ai barattoli di pelati un disegno risorgimentale. Per ritrovare nella storia italiana una simile magnificazione dell’identità italiana – cibo, tradizioni, orgoglio patrio – dobbiamo davvero riandare agli anni del fascismo, soprattutto i Trenta quando l’imperialismo straccione del regime tentava di riscrivere la storia nazionale alla luce del progetto di dominio espansionistico.
Christian Raimo, scrittore e traduttore, in Dal liceo alla Serie A. Il trionfo sovranista del «made in Italy» su Domani, 13 giugno 2023
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