L’annunciato avvicendamento alla direzione dell’A. Adige viene confermato sulla prima pagina dell’edizione odierna, con Alberto Faustini che prende in mano le redini e l’uscita di Sergio Baraldi. Sotto la sua direzione il quotidiano si è distinto per una linea «di combattimento», e non solo ha cavalcato l’onda etnica, ma spesso e volentieri ne era anche l’artefice. L’avvento di Baraldi, ad esempio, coincide con l’inizio di una virulenta campagna mediatica sulla toponomastica di montagna.
Dal punto di vista economico, Baraldi ha impresso al quotidiano una linea neoliberale e ha privilegiato la contrapposizione tra capoluogo e quella che indistintamente viene definita «la periferia», fatto che a sua volta in alcuni casi è stato declinato in chiave etnica.
In questi anni, dunque, l’A. Adige — che, per l’assenza di una vera concorrenza in termini di diffusione, influenza gran parte dell’opinione pubblica di lingua italiana, soprattutto quella di Bolzano — non ha certamente avuto quel ruolo di mediazione e di conciliazione (da non confondere con «sottomissione») che potrebbe avere e che sarebbe auspicabile in una terra come la nostra.
Il nuovo direttore, Alberto Faustini, proveniendo dal Trentino (al contrario del suo predecessore) conosce bene il Sudtirolo, la sua storia e le differenti sensibilità presenti sul territorio. Inoltre, da ex consigliere del Presidente Dellai, proviene da un’esperienza politica positiva di collaborazione su base regionale ed euroregionale. C’è dunque la speranza che sotto la sua direzione l’A. Adige sappia assumere un ruolo più responsabile, conciliante e di dialogo tra i sudtirolesi di tutte le lingue.
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