Segnaletica di montagna (monolingue italiana) in Svizzera
L’accusa mossa all’AVS, ma anche alla SVP, nella discussione sui segnavia era quella di voler marcare il territorio — di volerlo rendere esclusivamente «tedesco» negando l’esistenza di una toponomastica italiana. Questa accusa può avere un senso solamente se attribuiamo ai nomi dei luoghi una valenza «linguistica» che di per sé non hanno: Distinguendo tra nomi «storici» e «invenzioni» (o cercando un metodo analogo) sarebbe stato possibile imboccare una strada che evidenziasse una dicotomia tra «democrazia» e «totalitarismo» invece di quella meramente emozionale tra «tedesco» e «italiano». Da quel che apprendiamo dai giornali invece, la commissione istituita in seguito al — pessimo — accordo tra Durnwalder e Fitto ha optato per mantenere la toponomastica all’interno del discorso «etnico», dando credito a coloro che vogliono perpetuare la contrapposizione.
Preso atto di quella che si annuncia come una totale riconferma dell’opera nefasta di Ettore Tolomei, il Landeshauptmann ha ora proposto che i nuovi cartelli siano realizzati in metallo, color giallo e alcune indicazioni comuni (malga, rifugio…) sostituite da pittogrammi, in modo da evitare un eccessivo sovraccarico di informazioni. Una soluzione che sarebbe un sostanziale adeguamento agli standard internazionali (cfr. foto).
Non solo le destre italiane, ma anche l’UDC e il CAI, hanno reagito con un secco rifiuto, perché i pittogrammi farebbero «diminuire l’italiano» sui cartelli. Ovviamente è vero, ma diminuirebbero in egual misura anche le indicazioni in tedesco.
Si scopre così che l’intento del CAI non era quello di ottenere la parità tra le lingue, ma quella di marcare il territorio. In realtà è solo una conferma.
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