Quell’atto eroico, così come viene definito, è in realtà un tassello dell’enorme scommessa persa da parte dei totalitarismi di destra su quella che veniva chiamata “guerra di annientamento” di cui gli italiani furono parte integrante non solo come occupanti ma in quanto alleati dell’invasore, rendendosi responsabili di atti di “ripulitura” nei confronti di comunisti, ebrei e di altri nemici dello stato. Si macchiarono di veri e propri crimini di guerra che la storiografia italiana solo recentemente è riuscita a riportare alla luce. Quello che stupisce oggi è l’incapacità da parte del legislatore, che con i due rami del Parlamento ha votato all’unanimità a favore della legge, di comprendere il peso di questa scelta, quale sia la reale portata storica e il valore morale di quella brutale invasione. Oppure, ma è un’ipotesi a cui non voglio nemmeno pensare, è che la maggior parte di chi ha votato la legge sappia benissimo che cosa fu Nikolaevka all’interno di quello scontro tra civiltà tra il totalitarismo nazifascista e l’Unione Sovietica e abbia votato conscio del fatto di legare la memoria delle truppe alpine a un episodio di una guerra di aggressione vergognosa delle cui responsabilità questo Paese non si è ancora fatto carico.
È vero, non è necessario essere fascisti per votare una legge sulla memoria di questo tipo. Tuttavia rischia seriamente di aprire la porta a forme di riabilitazione del fascismo.
Francesco Filippi, storico e autore di libri sul fascismo, intervistato da Elisa Brunelli per Salto, a commento dell’istituzione della Giornata della memoria e del sacrificio degli Alpini.
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