In un articolo apparso sul quotidiano A. Adige il 19 dicembre scorso, l’ex senatore Francesco Palermo ripercorre brevemente la storia dell’indipendentismo in Nuova Caledonia (Kanaky) per trarne delle lezioni anche per l’Europa — forse anche contraddicendo un po’ se stesso.
Lo fa sottolineando il fatto che in un accordo con Parigi del 1988 si sia prevista la possibilità di accedere all’indipendenza, attraverso un lungo percorso in più tappe e non prima di sperimentare l’autonomia per 20 anni, a partire dal 1998. E quindi, il primo referendum sull’indipendenza si è tenuto nel 2018, seguito da quelli del 2020 e del 2021.
Il grande insegnamento di questa esperienza è che è possibile regolare con procedimenti predefiniti le scelte su questioni di grande importanza, valorizzando l’elemento democratico senza mai perdere la guida del diritto, e dunque la razionalità in un percorso che nella storia il più delle volte si è realizzato in via rivoluzionaria, spesso violenta, e fuori dall’ordine costituzionale, provocando rotture normative e frizioni sociali molto difficili da ricomporre.
— Francesco Palermo
Pur facendo sua l’argomentazione del colonialismo francese, secondo cui
- Kanaky (come sempre) difficilmente potrebbe sopravvivere economicamente;
- l’arcipelago verrebbe presto inglobato dall’espansionismo cinese (ma allora è meglio non decolonizzare?);
- la richiesta di spostamento del referendum del 2021 fosse dovuta al fatto che il fronte indipendentista avesse capito che non avrebbe avuto la maggioranza, e non alla massiccia ondata pandemica;
il professore di diritto costituzionale giunge comunque alla conclusione che l’Europa può imparare molto da quell’esperienza.
Nel senso che la discussione sull’indipendenza dev’essere consentita anche in contesti che puntano molto sull’indivisibilità come la Francia (e l’Italia); che l’autonomia può essere una soluzione valida, da sperimentare prima di un eventuale referendum sull’indipendenza; che c’è bisogno di tempo; che le regole per giungere all’autodeterminazione sono fondamentali; e che, indipendentemente dall’esito del referendum occorre «gestire la ricomposizione sociale».
Insomma:
C’è da augurarsi che in Europa si rifletta bene su questa esperienza, per migliorare la tecnologia con cui affrontare spinte separatiste che ci sono e ci saranno, affidandosi alla razionalità del diritto.
— Francesco Palermo
Ecco, questi ragionamenti — non distantissimi, mi sembra, da ciò che sosteniamo anche su — mi paiono un’ottima notizia.
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