Il bilinguismo senza aggettivi vuol dire talmente tante cose che non vuol dir nulla. Possiamo dire che la Catalogna è una società bilingue. Ma ricordo che Madrid aveva fatto un congresso intitolato “Madrid, comunità bilingue” dove si vantavano di fare molte cose in inglese. Ci perdiamo in dibattiti nominalistici su più bilinguismo e meno bilinguismo e regaliamo l’etichetta a persone che interpretano il bilinguismo in un modo che potremmo chiamare “sesquilinguismo”: voi avete l’obbligo di essere bilingui ma io voglio essere monolingue e dovete cedere sempre. Questa è una truffa. Se ammetti che questo venga considerato bilinguismo, ti hanno già ‘rubato il portafoglio’.
Il bilinguismo e il plurilinguismo sono artefatti instabili, molto complicati da gestire. Non ne dubita nessuno. Ciò che dobbiamo conseguire è che la popolazione catalana che maggioritariamente vuol essere plurilingue non trasformi il plurilinguismo in un’arma per disattivare la lingua catalana. A me piace l’etichetta di plurilinguismo autocentrato.
[I]l termine bilinguismo ci nuoce perché è connotato e ci porta a discorsi semplicistici. Lasciamolo tranquillamente riposare e andiamo verso un plurilinguismo autocentrato che garantisca la sostenibilità delle lingue proprie del Paese [la Catalogna, n.] e la conoscenza delle lingue di tutti quanti.
Francesc Xavier Vila, nuovo Segretario di politica linguistica della Generalitat de Catalunya, professore di sociolinguistica, intervistato da Vilaweb (15.07.2021)
Traduzione mia
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