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Tessin: Falsche Italiener?

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Dass man Teil des deutschen Sprach- und Kulturraumes sein kann, ohne in Deutschland zu leben, dürfte bekannt sein. Kann man jedoch auch ein Italiener sein, ohne zum italienischen Nationalstaat zu gehören? Sehr wohl, und das zeigen die Bewohner des Schweizer Kantons Tessin seit Jahrhunderten sehr eindrücklich. Stolze Helveten sind sie, und dennoch gleichzeitig bewusste Pfleger ihrer Identität. Nicht nur: Darüber hinaus haben sie sich regelmäßig um ihren gesamten Kulturraum verdient gemacht. Wesentlich mehr, als die Südtiroler zur Entwicklung des deutschen Kulturraumes beigetragen haben, und selbstverständlich mehr auch, als die hierzulande sässigen Italiener (und Südtirol allgemein) den italienischen Kulturraum befruchtet haben – wie ich zu behaupten wage.

Dass Manzoni einen Teil seiner schulischen Ausbildung in Lugano absolviert hat, dürfte zwar mehr als nur anekdotischen Wert besitzen. Die bristanteste und emblematischste Phase der immer wieder zentralen kulturellen Rolle des Schweizer Kantons war aber wohl die Zeit des Faschismus, als italienischen Dissidenten systematisch Asyl gewährt wurde. Zu jener Zeit entwickelte sich die Kantonshauptstadt Bellinzona zu einem Zentrum des italienischen Verlagswesens. Bücher von Autoren, die in Italien nicht gedultet worden wären, wurden in der Schweiz bearbeitet, gedruckt und wiederum über die Grenze gebracht.

Auch heute erfreut sich die Pflege von Dantes Sprache im Tessin großer Lebenskraft. An der jungen Università della Svizzera Italiana wurde kürzlich folgerichtig ein hochkarätig besetztes »Istituto di studi italiani« gegründet, das in der gesamten Schweiz tätig sein soll.

Aus dem Corriere del Ticino vom 06.03.07:

Istituto di studi italiani «faro» per la Svizzera

Tenuta a battesimo ieri all’USI di Lugano, la struttura, che è ancora un cantiere aperto, è la risposta della Svizzera italiana alla chiusura di alcune cattedre d’italiano a livello nazionale – Direttore è il letterato Carlo Ossola.

Un faro che dal Ticino si irradia sull’intera Svizzera. È questa l’immagine che l’Istituto di studi italiani, in fase di costruzione, si prefigge di poter dare di sé nei prossimi mesi sotto la guida di Carlo Ossola. In autunno partirà a tal fine anche un master biennale in Letteratura e civiltà italiana: un progetto ambizioso e che, nelle parole dello stesso presidente dell’Università Piero Martinoli, intende essere la risposta concreta della Svizzera italiana alla sparizione di alcune cattedre della lingua di Dante in Svizzera. […]

Anders als in Südtirol, wo die angebliche Brückenfunktion ein reines Lippenbekenntnis bleibt, wird sie im Tessin mit Überzeugung gelebt. Institutsdirektor Carlo Ossola schreibt in seiner Präsentation:

Ragioni di un Master di Letteratura e Civiltà italiana
prof. Carlo Ossola, Direttore dell’Istituto

Ha scritto Yves Bonnefoy che l’arte italiana è l’«arrière-pays», il retroterra di qualsiasi esperienza e memoria del bello; e Osip Mandelstam osservò che per leggere Dante occorre avere uno sguardo volto al futuro. Questo è l’ambito della civiltà  italiana: la memoria di una perfezione condivisa, l’esercizio preveggente di un pensiero capace di abbracciare gli «universali» della condizione umana. Questa universalità non è somma di digressioni all’infinito: è, al contrario, come scrisse Jorge Luis Borges della Divina Commedia, capacità di racchiudere tutta una vita in un verso. Comprendere gli universali, stringerli in sintesi, offrirli come una ‘prospettiva’: arte, filosofia, poesia, spiritualità chiamate a dar forma all’essenziale. Un Master in «letteratura e civiltà italiana» deve avere ambizioni pari alla dignità del proprio oggetto e alle sfide che porge il secolo XXI; spesso i percorsi di Master specializzano così tanto che un repentino cambiamento di paradigmi dovuto a nuove invenzioni o tecnologie rende rapidamente obsoleti i procedimenti acquisiti. Qui, al contrario, il percorso sarà -come nel Libro delle massime di Goethe- ‘verticale’: «Se devo farti vedere i dintorni, / bisogna che tu salga sul tetto».

L’ambito di un Master in «Letteratura e Civiltà italiana» è non solo il territorio di culture che si esprimono in lingua italiana, bensì quel più largo orizzonte di coscienza che ha portato lievito e responsabilità d’Europa, coscienza di unità non tentata per faticose approssimazioni o mediazioni, ma vivida presenza di un centro, dell’origine, di una speranza: «E sulle colline di Voronej, nate ieri, / Ho sempre la radiosa nostalgia / Di quelle di Toscana, più limpide e panumane» (O. Mandelstam, Essere in vita).

Ein Auge auf das Tessin würde uns nicht schaden. Es zeigt den Italienern, dass man nicht Teil Italiens sein muss, um Teil des italienischen Kulturraums zu sein. Zu diesem Zwecke wäre auch die banale Maßnahme, neben dem Empfang des deutschsprachigen auch jenen des italienischen Rundfunks der Schweiz in Südtirol zu ermöglichen, mit Sicherheit hilfreich. Andererseits zeigt uns die Südschweiz, was eine selbstbewusste Brückenfunktion ist: Sie verlangt Engagement, und nicht nur Nachäffung — als passiv gelebte Überlappung zweier Kulturräume.



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Comentârs

3 responses to “Tessin: Falsche Italiener?”

  1. Étranger avatar
    Étranger

    Ottimo contributo che mi sento di condividere al 100%.

    La vera catastrofe degli italiani del Sudtirolo (cioè in definitiva la loro “altoatesinità “) è stata quella di non essere mai riusciti ad elaborare nessun codice identitario se non in riferimento allo Stato nazionale che, inevitabilmente, qui è sempre stato visto come un ingombrante intruso.

    Ovviamente, in relazione al passato, si possono trovare molte giustificazioni a questo fatto. Ne rimangono però pochissime spingendo lo sguardo a considerare gli scenari futuri.

  2. wiesion [ch] avatar
    wiesion [ch]

    se guardiamo nel passato, ovvero all’inizio della grande guerra:

    l’eco del litorale

    edizione di vienna, martedì 8 giugno 1915
    l’italia distrugge l’onore italiano

    oggi appena la dobbiamo credere, oggi appena gli avvenimenti hanno affranto la nostra coscienza nazionale. quella parte della nazione italiana, che è unita in uno stato nazionale e che per ciò stesso ha il dovere di tutelare con tutta la sua potenza il buon nome italiano, ha coperto questo nome di un’onta indelebile. le armi d’italia si levano contro l’austria amica e alleata, nel momento in cui l’amica e alleata, anzicheè l’aiuto pattuito per l’ora der pericolo, null’altro chiede, che il diritto di difendersi da sola e indisturbata, nel momento in cui l’austria offre allo stato italiano vantaggi, che solo un vincitore strapotente potrebbe ottenere*, nel momento in cui l’austria, per evitare la devastazione dei propri paesi italiani, scongiura l’italia di aggregarli al suo stato nazionale. accecata o demente l’italia preferisce il delitto del tradimento, i pericoli di una guerra disastrosa, la rovina di gente italiana, di terre italiane!

    noi italiani del confine, che siamo le prime vittime di questo imperdonabile errore, noi che fuori d’italia abbiamo tanto lottato per l’onore del nostro popolo, ci vediamo assaliti, umiliati, annientati dai nostri connazionali, che nel nome della nostra liberazione hanno impugnato il pugnale del tradimento.

    mai avremmo potuto immaginare tanta vergogna, mai il nostro sentimento nazionale ebbe uno schianto più feroce. non sta nelle nostre forze di trattenere l’orrendo misfatto, ma l’italia e il mondo sappiano che gli italiani dell’austria deplorano, detestano, maledicono il procedere dell’italia!

    al di sopra dell’italia sta per noi l’italianità ; la nostra fede nell’italianità  noi l’abbiamo manifestata e difesa fino ai limiti estremi e appena colla morte cesseremo di essere italiani, ma il più crudele, il più fatale colpo contro l’italianità  è partito dal regno d’italia, oggi, nel maggio 1915.

    davanti al tribunale della storia vogliamo essere noi i primi, i più fieri accusatori. la sentenza è già  caduta, il castigo è in mano a dio… chissà  se e quando verrà  il perdono?

    italiani in austria!
    nascondiamo il nostro volto nel rossore per la grande colpa, che non è colpa nostra, ma il dolore che ci sconvolge, non ci pieghi. la nostra coscienza è pura e il nostro rossore, il nostro dolore sono divisi da quanti sono gli italiani, liberi delle catene della framassoneria d’italia!

    dott. giuseppe bugatto

    * l’autore dell’articolo, deputato al parlamento di vienna, allude alle ultime proposte presentate l’11 maggio (per conto dell’austria) dall’ambasciatore tedesco a roma. per tener l’italia fuori dal conflitto le veniva offerto: il tirolo di lingua italiana (trentino); la sponda occidentale dell’isonzo, compresa gradisca; autonomia per trieste, resa città  libera, con porto franco e università  italiana; negoziazione della posizione di gorizia. ma ormai la macchina dell’intervento italiano si era messa in moto, sotto la spinta di salandra (1° ministro) e sonnino (ministro degli esteri), che il 26 aprile si erano impegnati a londra ad entrare in guerra a fianco dell’intesa entro un mese. il tutto all’insaputa del parlamento, convocato a cose fatte e sotto la spinta di una rumorosa minoranza di piazza. la guerra “l’ha dichiarata il popolo al di sopra della mandria parlamentare”, scrisse mussolini sul popolo d’italia del 17 maggio 1915. praticamente, un “colpo di stato” (ragionieri, 1976, p. 1980)

    tratto da: “caporetto: storia, testimonianze, itinerari” di camillo pavan e željko cimprič

  3. wiesion [ch] avatar
    wiesion [ch]

    scusate il ritardo (3 anni addirittura :D), non avevo tempo di scrivere la mia opinione:

    condivido il pensiero di etranger, ma credo che proprio questo articolo tratto dall’eco del litorale, contiene la risposta. in prima linea “gli italiani” dovrebbero riconoscere che l’italia ha danneggiato l’italianità  in grande stile, non solo per colpa di questo tradimento all’austria ed il forzamento della guerra contro stessa, ma per esempio anche i crimini commessi dall’italia sabauda in confronti allo stato papalino o alle due sicilie (p.e. scusarsi nel nome d’italia come ha fatto grillo a napoli). far ritornare in mente la grande storia dei popoli italici, non costringerli a realizzare quell’invenzione dell’unico popolo italiano, come si cerca a fare tramite la leggenda della “razza pulita” romana.

    so bene che con questo l’intero risorgimento sarebbe messo in dubbio, se non fatto illegittimo, ma personalmente credo che questo sia l’unica possibilità  di estirpare gli elementi barbari dell’italianità  d’oggi, come si manifesta specialmente nel sud-tirolo (insultare i tirolesi) e trieste (insultare i sloveni), ma anche nel calcio o in frasi molto sentite come “italiani siamo noi e chi cazzo siete voi?”. in poche parole, associare di nuovo l’italianità  alle varie realtà  italiche, non all’unificazione italiana (mai completa) o all’imperialismo romano.

    sì, in effetti questa idea suona molto anacronistica ed anche reazionaria, ma siamo sinceri, l’idea della nazione legata alla razza e lingua singola è anacronistica ad ogni tempo, pure al tempo dell’impero romano.

    so che esistono alcuni italiani che la vedono già  oggi così, ma temo che proprio questi onorevoli soggetti siano una minoranza non sentita (e/o odiata) da loro compatrioti.

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