Varie sigle sindacali e associazioni di pompieri di Paesi Baschi, Paesi Catalani e Galizia hanno pubblicato una critica chiara e forte nei confronti dell’esercito e del suo ruolo nell’attuale crisi pandemica. La riproponiamo qui con traduzione nostra.
Noi pompieri saremo sempre vostri, NON SIAMO SOLDATI
I sottoscritti sindacati e le associazioni dei pompieri di Euskal Herria, Galiza e dei Països Catalans ci rivolgiamo ai nostri relativi popoli per esprimere il nostro più energico rifiuto dell’intromissione di unità dell’esercito spagnolo in compiti di Protezione Civile e d’Emergenza. Interventi con una sproporzionata ostentazione di personale, veicoli e materiale che obbediscono più a un impulso politico che a necessità reali della cittadinanza.
Le immagini dei militari che essguono compiti civili non hanno altro obiettivo che la giustificazione delle oscene partite economiche che lo stato spagnolo destina alle spese militari e a ripulire l’immagine di un esercito dal dubbia carattere democratico.
I pompieri e le pompiere, assieme a una moltitudine di lavoratori e lavoratrici dei nostri paesi, facciamo parte del personale che è stato in prima linea dall’inizio, che ha patito la mancanza di materiale che garantisse la nostra propria salute, senza accesso alle analisi dei contagi, con pianta organica ridotta, giornate e turni raddoppiati e, in definitiva, mettendo a rischio la nostra propria salute, con l’unico obiettivo di garantire la salute della cittadinanza.
In molte occasioni ci siamo offerti a lavorare volontariamente al di fuori delle nostre giornate di lavoro, così stiamo facendo e continueremo a fare finché rimanga necessario.
Le politiche di austerità dettate da Bruxelles, ordinate da Madrid ed eseguiti dal Governo Basco, Governo Navarro, Xunta de Galiza, Generalitat de Catalunya, Generalitat Valenciana e Govern de les Illes Balears hanno ridotto al lumicino i nostri servizi pubblici. I governi dei nostri paesi, sotto le esigenze del tetto di spesa e il rispetto del deficit, hanno concordato con Madrid di non puntare su servizi pubblici forti e di qualità, causando la precarizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori e, in definitiva, un indebolimento del settore pubblico in favore del capitale.
Gli stessi che hanno compresso il settore pubblico fino all’estenuazione vogliono farci credere che la soluzione passi per le esibizioni mediatiche di unità militari di emergenza nelle nostre strade. Da molti anni subiamo tagli economici in tutti gli ambiti fuorché nella Difesa, che ha aumentato il proprio bilancio e lasciando una situazione particolarmente precaria nei settori della sanità e delle emergenze.
L’esercito è stato strumento di repressione e controllo per opprimere la volontà di libertà statuale e di diritti sociali dei popoli basco, galiziano e catalano, e di tutta la classe lavoratrice. Lo stesso esercitoche sta pattugliando le nostre strade limitando ancor più le libertà civili.
Dinanzi a questa crisi sanitaria rivendichiamo una via d’uscita civile con dei servizi pubblici forti e in cui i nostri rispettivi popolo abbiano capacità decisionale per gestire le loro risorse, senza ingerenze centralizzanti al ritmo di tromba militare.
Spese militari per spese sociali.
LAB, ELA, CUT, CIG, I-CSC, COS, CGT, Bombers per la República.
In Sudtirolo, invece, l’esercito è stato chiamato dal governo locale.
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