I responsabili del CAI hanno spiegato alla stampa che per stilare la loro lista dei toponimi bilingui (e che secondo loro debbono rimanerlo) prendono a riferimento le cartine «Tabacco». Da lì riportano tutte (!) le traduzioni, aggiungendole alla proposta dell’assessore Berger. Perché ciò che si trova sulle cartine, secondo l’associazione, si deve ritrovare anche sui cartelli.
Certo, è legittimo che il CAI operi in questo modo, ma è assurdo che questa «proposta» venga presa in considerazione per regolare l’uso della toponomastica di montagna. Significherebbe mettere il carro davanti ai buoi, consegnando scelte politiche nelle mani di un — pur ottimo — editore privato che come base del suo lavoro non può che usare le cartine ufficiali (e dunque il prontuario di Tolomei). Una scelta politica così delicata come quella sui nomi non può essere (direttamente o indirettamente) venire delegata a un’azienda privata — la cui vocazione al contrario è quella di rilevare, a posteriori, lo stato delle cose. E allora è venuto il momento che la politica si assuma finalmente le proprie responsabilità.
Cëla enghe: 01
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