Pochi giorni fa un gruppo di 14 alunne del liceo Diwan di Karaez ha deciso di infrangere le regole e di redigere la prova di matematica dell’esame di maturità nella lingua d’insegnamento bretone e non, come prescritto, in francese.
Questa forma di disobbedienza era nata l’anno scorso, quando 15 maturande, per la prima volta, avevano deciso di fare la stessa cosa. Ma la protesta è rivolta non solo alla discriminazione nei confronti della lingua imposta da Parigi, ma anche allo svantaggio rispetto ad altre lingue, come il basco, già da tempo ammesso come lingua d’esame. Dopo la ribellione del 2018 in realtà l’amministrazione aveva già annunciato che anche al bretone sarà assegnato tale status entro qualche anno, ma le 14 alunne dell’attuale corso non hanno voluto demordere — né rinunciare a quello che considerano un diritto.
Le istruzioni della direzione scolastica sono di correggere solo la parte puramente matematica dell’esame e di considerare come errore ogni spiegazione redatta in una lingua diversa dal francese. Le ribelli dunque rischiano davvero la bocciatura, ma sono disposte a farlo per amore verso la lingua.
Quanti oggi in Sudtirolo sarebbero disposti a rischiare uno svantaggio personale per difendere i diritti linguistici?
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