di Fabio Rigali
Ieri sera scendendo pigramente in moto dal versante fiammazzo del passo Manghen, di fronte allo scenario spettrale di devastazione che mi si presentava davanti e spronato da un semi-conscio senso di colpa che non riuscivo a reprimere, immediatamente le intuizioni degli ultimi anni si son condensate in una visione più ampia; anzi oserei quasi dire un anelito. Non volendo peccare di fantasia, chiamerò questa visione “compromesso storico” in omaggio ad un corso politico che si proponeva di dare risposte in un periodo di profonda crisi politica, ma che è naufragato, in ultima analisi, di fronte agli interessi elettorali dei singoli partiti coinvolti.
La crisi della politica, oggi c’è tutta e ci sono anche gravi problemi di non facile risoluzione. Sta ora a noi, di fronte a questi problemi, puntare sulle differenze per cercare di avere ragione a tutti i costi, mentre la situazione peggiora a vista d’occhio; oppure cercare un terreno comune per migliorare la situazione e smussare le nostre posizioni ideologiche.
Dietro la facciata di problemi minori, come il lupo ed i richiedenti asilo, il problema del nostro secolo sta lentamente ma inesorabilmente progredendo anche da noi. Questo problema è il degrado ambientale e l’inquinamento; un vecchio conoscente di tutte le società umane. Purtroppo ora è divenuto un problema mondiale, che non può essere risolto in un posto solo. Ma, come tutte le rivoluzioni, esistono dei paesi che lanciano un trend ed altri che si affrettano a seguirli, in una sorta di competizione per lo sviluppo. E’ stato così per ogni movimento economico, sociale o politico dalla nascita dell’agricoltura alla rivoluzione digitale. Oggi abbiamo bisogno di una rivoluzione verde, che si traduca in una gara delle nazioni verso un modello di società più sostenibile.
In sintesi, dobbiamo ripensare il nostro modello culturale, economico e sociale dalle basi. Non tutto sarà da buttare; anzi: molte soluzioni del presente o del passato potranno aiutarci ed altre verranno dal futuro; ma il passo più importante è la presa di coscienza ecologica. In altre parole, occorre porsi criticamente di fronte alle nostre azioni: ognuna delle quali ha un impatto sul mondo che ci circonda. Ogni giorno, dal caffè al mattino, al libro che leggiamo prima di addormentarci, facciamo una miriade di azioni che gravano sull’ambiente. Come piccolezze tipo una cialda di caffè o la carta riciclata, ogni oggetto, ogni azione ha un costo ambientale. Alcune, insospettabilmente più di altre. Questo non vuol dire che in futuro sarà impossibile vivere e che dovremo evitare tutto; ma significa che dobbiamo prendere coscienza ed informarci sul nostro ruolo nell’economia del pianeta. Una parte di questi calcoli va lasciata al singolo e al suo giudizio, proprio come avviene per l’etica di tutte le altre azioni. Certo per aiutare le nuove generazioni a capirci qualcosa e magari a non ripetere i nostri errori, si potrebbe pensare di introdurre nelle scuole un’educazione ecologica più incisiva.
Ma una parte di queste azioni, le più riprovevoli e dannose per la collettività, vanno disincentivate o vietate per legge. La creazione di spazzatura programmata, lo spreco di risorse idriche o alimentari, la speculazione edilizia e lo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, tanto per fare alcuni esempi, ma in generale tutte quelle attività che sono utili a pochi e creano danni ambientali, non possono più essere ignorate. Il mercato libero e la legge del profitto, da soli non sono in grado di dare tutte le risposte e sarà la politica a dover stabilire un codice etico di auto-limitazione delle società umane.
Da questo discorso globale, ne consegue che le tematiche ambientali devono sia diventare trasversali ai partiti, sia i partiti più sensibili, devono resistere alle tentazioni settarie ed aprirsi alla collaborazione con altre forze.
Da noi purtroppo la politica viene vissuta con una buona dose di determinismo sociale ed emotività, perché votare “grian”, SVP o blau, è prima di tutto un modo di essere; una specie di acconciatura politico-esistenziale: c’è l’alternativo coi capelli lunghi, i sandali e la Marijuana, quello con la Golf, la maglietta con l’aquila e le Marlboro, e quello che l’uno e l’altro gli sembra troppo ed allora, si rasa, si veste normale, guida un’auto normale e vota SVP. Poi c’è il bolzanino ed anche quello è a parte ed assolutamente irriducibile ai tipi pre-elencati. Tutti questi tipi più o meno hanno un elemento comune: sono influenzati dal luogo dove abiti ed anche dalle frequentazioni. Spesso così nasci e così muori. Mi ci è voluto anni per capirlo, perché le mode sono una cosa incomprensibile per me. Quello che mi è chiarissimo è che finché la coscienza politica individuale rimarrà un fenomeno di costume in una provincia ricca e viziata, non faremo passi avanti, perché una critica sul piano delle idee si traduce immediatamente in una critica al modo di essere.
Occorre che i “Tscheggl”, i “Grian”, i “Bolzanini” ed i “conformisti”, tutti questi ed altri variopinti abitanti delle nostre vallate, ma soprattutto i loro rappresentanti, trovino al più presto un terreno comune e facciano della nostra piccola regione un esempio che dimostri che ridurre l’impatto ambientale delle società umane e mantenere una buona qualità della vita è possibile. Invece sembra purtroppo che ognuno sia più interessato alla propria bandiera. In particolare sono molto deluso dal partito verde, che sembra più interessato a seguire battaglie che ne sottolineino l’alterità, più che al possibile successo di iniziative concrete. Il fatto che siano stati scartati come partner di governo, tra le altre cause, ha sicuramente la loro immagine: sono riusciti ad essere invisi a tutti i gruppi tradizionalisti, ai cattolici, ai moderati e non hanno mai raccolto il favore nemmeno degli italiani nonostante i loro partiti fossero in profonda crisi prima dell’avvento della Lega. Evidentemente, di fronte a certi atteggiamenti settari-elitari, delle volte, anche in cabina elettorale, turarsi il naso non è abbastanza.
Cosa intendo per compromesso storico dopo tutta questa manfrina? Intendo che qualcuno nei Verdi smetta di montare sul piede di guerra appena vede un crocifisso o una Tracht e che altri facciano lo stesso con loro; che tutti mettano da parte pregiudizi, interessi elettorali ed indicazioni delle potenti lobby locali; e che finalmente, almeno ad un livello così insignificante come la provincia di Bolzano, ci si rimbocchi le maniche per un futuro sostenibile in tutti gli ambiti. Di temi per il futuro ce ne sono tanti: bisogna proiettarsi i problemi presenti ed immaginarsi come vogliamo la nostra provincia fra 50 anni. Alcuni temi saranno: turismo, energia, tutela storico-paesaggistica, consumo di suolo/speculazione, antropizzazione del territorio, trasporti pubblici/privati, agricoltura/selvicoltura, traffico, gestione rifiuti, approvvigionamento idrico, consumi privati/industriali. In generale bisogna cambiare l’idea che il nostro territorio sia un grande Bancomat da cui ognuno tira fuori ciò che vuole per se e lascia i problemi in carico agli altri: agricoltori, albergatori, costruttori, industriali, automobilisti. C’è spazio per tutti; ma non si può sempre ottenere tutto ciò che si vuole. Ognuno dovrà accettare dei limiti. Io incluso.
Una volta che avremo risolto tutto questo, nessuno ci vieterà di ritornare un po’ al nostro bel giochino della femminista sessantottina, contro il Freiheitskämpfer 1809, contro il bolzanino disagiato ed altri personaggi tipizzati. Se però non interrompiamo il nostro svago per un momento e mettiamo le basi per un futuro più sostenibile, tutti i problemi sopra elencati peggioreranno e prima o poi ci chiederanno un conto salato.
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