Anche nel 2016, come ogni anno, le forze armate ufficiali di un paese democratico, l’Italia, hanno festeggiato una battaglia — persa, ma «eroicamente» a quanto pare — dell’Asse nazifascista: quella di El Alamein in Egitto.
Da un paio d’anni le celebrazioni si svolgono a Pisa dove, nonostante le proteste delle associazioni antifasciste al grido di «niente da commemorare», continuano tranquillamente a sfilare alte autorità civili, religiose (!) e militari; per la felicità dei nostalgici fascisti che si danno appuntamento in città, esibendo impunemente simboli del ventennio e saluti romani, mischiandosi alle famiglie attratte dall’esposizione di armamenti bellici e dagli show dei paracadutisti.
Nella stessa data, il 25 ottobre di ogni anno, l’ambasciata italiana d’Egitto organizza una commemorazione presso un grande «sacrario» appositamente eretto dall’Italia nel 1955 nei pressi della località di El Alamein. Prima dell’ingresso, su di un cippo, si trova una pietra marmorea con un’iscrizione divenuta un mantra: «mancò la fortuna, non il valore».
[La] Battaglia di El Alamein […] vide 3500 paracadutisti italiani battersi strenuamente contro preponderanti forze avversarie, mostrando dedizione, abnegazione ed amor di Patria.
La cerimonia testimonia i valori quali l’onore, il sacrificio e la fedeltà propri del soldato Italiano e che hanno contribuito a rendere grande il nostro Paese.
dal sito internet del «Capo di Stato Maggiore dell’Esercito»
In realtà la seconda battaglia di El Alamein (dal 23 ottobre al 4 novembre 1942), che vide fronteggiarsi le forze nazifasciste comandate da Erwin Rommel e l’Ottava armata britannica, fu il punto di svolta decisivo nella «campagna d’Africa», quindi verso l’invasione della Sicilia e la liberazione del continente dalle dittature totalitarie e dai campi di concentramento.
Targa affissa nel sacrario di El Alamein (foto: difesa.it)
Sarà vero, come narrano gli storici, che i paracadutisti della Folgore, in una battaglia che costò migliaia di vite, riuscirono a opporsi (inutilmente) per vari giorni agli attacchi delle forze alleate; e che, come piace ricordare nei festeggiamenti, al momento della resa ricevettero «l’onore delle armi» dagli inglesi. Ma questo non giustifica che un paese democratico commemori — acriticamente — le forze armate al servizio di due dittatori aguzzini.
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