Un lucidissimo intervento di Valentino Liberto apparso su Salto e ripubblicato da grazie al consenso dell’autore:
Grandi aspettative, altrettanta delusione: mentre i governi di Scozia e Catalogna gettavano le basi per un 2014 referendario, nel 2013 il Sudtirolo interetnico-alternativo riponeva le proprie speranze prima nell’elezione di Palermo e Kronbichler al Parlamento italiano, poi nella «new Taube» di Brigitte Foppa e nel «rinnovamento» Volkspartei targata Kompatscher. Ma la speranza di cambiamento s’infranse ben presto, resa vana dalle resistenze etniche dell’impianto autonomista e dalla debolezza dei suoi volenti riformatori – appesi ai destini nazionali del PD. La classe politica sudtirolese è all’altezza della sua sbandierata autonomia?
Governi immaginari.
Ricapitolando: un anno fa, PD e SVP candidano a sorpresa Francesco Palermo nel collegio senatoriale di Bolzano-Unterland, sostenuto per acclamazione anche dai Verdi, i quali – sempre a sorpresa – divorziano dal partito nazionale e stringono un patto con «Sinistra Ecologia Libertà»: Florian Kronbichler è capolista alla Camera. Volkspartei, Democratici e Verdi sudtirolesi fanno campagna elettorale per la medesima coalizione di Centrosinistra, data per sicura vincente e che alle primarie aveva incoronato Pierluigi Bersani candidato premier. Palermo conquista cinquantamila voti, e grazie al premio di maggioranza Flor, Gnecchi e cinque SVP staccano il biglietto per Montecitorio. Ma a spezzare i sogni di gloria ci pensa lo tsunami di Grillo. All’indomani del voto, l’Italia precipita nel caos: di lì a un mese salta la premiership del segretario Bersani – per lasciare posto al governo Letta-Alfano di Napolitano II e al comeback del rampante sindaco di Firenze, Matteo Renzi – e salta la candidatura a Landeshauptmann dell’Obmann Theiner, che si ritira dalle primarie consegnando la vittoria al sindaco di Völs am Schlern, Arno Kompatscher. Intanto Riccardo Dello Sbarba, in prima linea sul fronte dell’inchiesta Sel, lancia le «primarie aperte» dei Verdi, ed è un successo: quasi duemila votanti e un plebiscito per Brigitte Foppa. La campagna per le provinciali è di basso profilo, ma vede una SVP rinnovata almeno nello stile, una lista verde coesa e con ambizioni di governo. Si vocifera di una maggioranza Schwarz-Grün à la sudtirolese, sulla scia delle omologhe d’Oltrebrennero. Il 27 ottobre i Verdi ottengono il miglior risultato nella loro storia trentennale, Dello Sbarba è l’italiano più votato; la Edelweiss perde la absolute Mehrheit, gli eletti sono in gran parte dell’ala più «sozial»; lo sconforto del gruppo italiano fa arrancare il PD, ma la fronda interna del renziano Roberto Bizzo ne esce rafforzata, contrariamente al già onnipotente Christian Tommasini. L’ingresso in giunta dei Grünen diventa così quantomeno verosimile.
Tutte le strade portano a Roma!
Il resto è storia recente, il modesto risultato sotto gli occhi di tutti: la SVP opta per una kleine Koalition col PD altoatesino, non in quanto tale, ma nella veste di «commissariato del governo» nazionale: perché la partita decisiva non si gioca a Palais Widmann, bensì tra Palazzo Chigi, Palazzo Madama – e Palazzo Vecchio. Sullo sfondo del patto elettorale Theiner-Bersani come dell’accordo Durnwalder-Letta, ci sono infatti tre incontri tra Bizzo, Kompatscher e Renzi (due a Bolzano, uno a Firenze) a siglare l’asse blindato tra Arno e PD nazionale. Il senatore Palermo è tenuto a debita distanza dalle trattative (e tagliato fuori dalla Commissione dei Sei). Ancora più all’oscuro è Kronbichler, già controvoglia (e spesso goffamente) all’opposizione con SEL – mentre il partito di Vendola guarda con interesse a Renzi. Il neo-segretario democrat, attraverso un portavoce e il ministro degli affari regionali Graziano Delrio, fa pressioni su Kompatscher per il secondo assessore, o più realisticamente per dare un contentino ai democratici altoatesini; i rapporti bilaterali Stato-Provincia si esauriscono nel monopolio accentratore PD-SVP, dove vocazione maggioritaria sta per partito unico. Questo schema incide sulla composizione della giunta più di qualunque accordo in sede locale: in democrazie «normali» – si pensi ai Länder oltreconfine – il primo partito avrebbe aperto il governo del Land al primo o secondo miglior «perdente», prima di rivolgersi al quinto arrivato. Ma nella logica autonomista, i Verdi-Grüne-Vërc sono terzi incomodi, orfani d’un interlocutore politico nazionale. Ne risulta un programma di coalizione con dichiarazioni di principio, e senza particolari ambizioni.
Demokratiedefizit europeo.
S’è parlato negli scorsi anni di un ipotetico «nation-building» per il Sudtirolo, proteso verso una sovranità indipendente: questa volontà non si rispecchia nel panorama politico e tantomeno nel suo «potere estero», profondamente «etno-regionale», caratterizzato da un blando autonomismo e storicamente privo di agganci alla dialettica democratica (progressisti-conservatori, sinistra-destra, ecologisti-sviluppisti etc.). Se nel 2013 l’intelligenza di elettrici ed elettori sudtirolesi sembrava consegnarci uno spazio politico inedito, le manovre intestine ai partiti plasmano uno scenario apparentemente immutabile. Guardando al prossimo appuntamento elettorale, il risultato sembra scontato: salvo sorprese, alle europee la meritata riconferma di Herbert Dorfmann non sarà affiancata dall’elezione di un’altra/o eurodeputata/o della nostra provincia. Il PD altoatesino non ha potere per imporre candidature nel collegio Nord-Orientale. Qualora a livello nazionale SEL non superasse lo sbarramento del 4%, i 25mila voti dei Verdi andrebbero perduti come nel 2009 (con l’11% per il diligente Sepp Kusstatscher, ma niente seggio a Strasburgo). In mancanza di un Wahlsystem comune a tutti gli Stati membri, che preveda l’apparentamento delle liste «nazionali», alle omologhe «europee», finirà nel cestino ogni voto attributo alle forze che appartengono a «famiglie» europee: Verdi (European Greens), Die Freiheitlichen (European Alliance for Freedom, EAF) e Süd-Tiroler Freiheit (European Free Alliance, EFA). Brennerbasisdemokratie suggerì un collegio elettorale euroregionale, sebbene solamente a uno Stato membro indipendente spetterebbe una quota überproportional di europarlamentari (con 400mila abitanti, l’isola di Malta ne ha sei).
Cercasi expertise.
La democrazia sudtirolese è rimasta senza prospettive, ripiegata sul proprio provincialismo? E la «classe politica» nostrana – opposizioni comprese – è capace di esprimere una forte rappresentanza al di fuori dei confini regionali, che si formi effettivamente nel contesto internazionale, in grado perciò di affrontare le sfide della contemporaneità? Oppure, come sembra, è legata a doppio filo alla Repubblica italiana (se non alle decisioni del PD)? A parte qualche esponente «europeo» della SVP (o dei Verdi in passato) nessuna politico del Sudtirolo può vantare un curriculum internazionale d’un certo rilievo. Per dire: al Gruppo Bilderberg invitano Lilli Gruber, mica Thomas Widmann. Al contrario dei tirolesi austriaci, è evidente che la minoranza sudtirolese non esprima propri dirigenti all’interno del governo italiano – e neppure gli altoatesini di lingua italiana hanno peso nella politica nazionale, tanto meno nelle compagini governative (salvo la brevissima parentesi di Michaela Biancofiore…). Né il sindaco della Landeshauptstadt diventerà mai Landeshauptmann: la carriera di Gigi Spagnolli è destinata a rimanere circoscritta nelle vesti di primo cittadino, o al massimo di parlamentare. Un cortocircuito di norme e consuetudini etniche impediscono al sistema politico non solo di rigenerarsi, ma di formare un expertise politico con ampi spazi di manovra. Bel problema, per una quasi-Vollautonomie: sullo scacchiere mondiale, il Sudtirolo politicamente non conta nulla, meno dei Länder, molto meno di Scozia e Catalogna, e in termini di autonomia è di gran lunga superata da Groenlandia e Färöer, che messe assieme superano a mala pena i centomila abitanti.
Comunità indipendente?
Anche ai più convinti detrattori dell’autodeterminazione, i casi catalano e scozzese (e di altre regioni d’Europa: la scrittrice Michela Murgia, candidata Presidente della Regione Sardegna, è una assertrice della Selbstbestimmung) insegnano che a prescindere dall’esito finale, chi prende in mano il proprio futuro possa liberare energie positive tra la popolazione, e politicamente un tale esercizio di partecipazione rappresenti un volano per l’intera democrazia. Assumendo per fallito il modello dello Stato-Nazione, troppo grande per governare la crisi dell’economia di mercato e i cambiamenti climatici, diventerebbe auspicabile che le comunità regionali organizzino i propri territori in piena autonomia, delegando a vaste entità sovranazionali (nel nostro caso l’Unione Europea) i parametri legislativi entro i quali muoversi, avanzando magari un modello alternativo di progresso, solidale nei confronti delle realtà globali che lottano per maggiore libertà e autosufficienza: un sanfter Weg più rispettoso dell’ecosistema e «socialmente desiderabile», che privilegi i prodotti delle comunità locali e un ritorno più o meno importante «alla terra», dallo sguardo lungo e dall’energia uguale e contraria allo sviluppo roboante dello Stato-Nazione. Manca al Sudtirolo indipendentista, prigioniero di rivendicazioni monoetniche, quest’ottica più democratica e glocal, che però non troviamo neppure nell’autonomismo poco coraggioso (se non arrendevole) degli altri movimenti.
Verso l’Autonomie-Konvent.
Non c’è realismo nel credere di andare lontano, con quest’andazzo. Al Südtirol regaliamo un’utopia possibile, qualcosa di entusiasmante, che risvegli il desiderio di evoluzione, anziché puntare sulla conservazione dell’esistente. E non sarà un’operazione di facciata come l’apertura a elementi della cd. «società civile» – per ammantare d’un velo di democraticità un organismo magari freddo e distaccato, condizionato dalle logore dinamiche della dialettica etnica e partitica – a far sì che tutte/i le/i sudtirolesi si riconoscano nella «Convenzione per l’Autonomia», proposta da Francesco Palermo e ora richiamata dall’accordo di giunta. All’orizzonte non sembrano emergere figure di madri e padri costituenti; senza un «patto solidale» dalla portata quasi rifondativa, che accenda l’interesse verso la partecipazione all’autogoverno, le mediazioni nel Konvent per aggiornare lo Statuto saranno esposte, più che al fallimento, allo scetticismo e alla scarsa identificazione. Infine, per uscire dall’isolamento e scardinare il duopolio PD-SVP tra Roma e Bolzano, il pragmatismo dell’opposizione verde dovrà ispirarsi alla radicalità del pensiero ecologista e al contempo allacciare e coltivare maggiori relazioni «ad alto livello», interpersonali e internazionali: alzare lo sguardo, puntare sulle risorse migliori, comunicare, viaggiare. Altrimenti il Sudtirolo non perderà soltanto l’occasione di diventare «Capitale Europea della Cultura» (fallimento clamoroso della passata legislatura) bensì ogni fondamentale appuntamento con la nostra storia.
Ad amiche e amici di salto.bz, l’augurio di un felice anno nuovo!
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