In un’intervista apparsa recentemente (30 maggio) sul quotidiano A. Adige, Carlo Costa, membro del PD, annuncia che la «scuola trilingue» sarà un punto «irrinunciabile» dell’eventuale programma di coalizione da firmare con la SVP per la formazione del prossimo governo sudtirolese. Un partito che attualmente rappresenta meno del 10% dell’elettorato, dunque, si prepara a «dettare» condizioni sine qua non al partner di governo.
Come abbiamo espresso, in varie occasioni, le nostre forti perplessità nei confronti della scuola plurilingue, se attuata nella cornice dello stato nazionale (e dunque senza disinnescare le tensioni «assimilatorie» fra maggioranza e minoranza), ma non sarà questo l’oggetto del presente articolo.
Piuttosto, oltre un mese prima che apparisse l’intervista con Carlo Costa, in data 26 aprile, mi ero rivolto all’assessore Tommasini (anche lui PD) per sapere se vi fossero dati riguardanti i risultati delle sperimentazioni in CLIL (insegnamento integrato di lingua e contenuto, ovvero «immersione»). La ragione per la mia richiesta era, imprimis, la mancanza di dati generali sullo sviluppo delle conoscenze linguistiche degli alunni in Sudtirolo, constatata qui.
La risposta di Tommasini, telegrafica, fu:
Certo! Abbiamo i dati delle certificazioni linguistiche. Scrivi una mail alla sovrintendente che te li manda.
Ora, è chiaro che le certificazioni linguistiche, da sole, non possano fornire informazioni sufficienti per quanto riguarda lo sviluppo, l’evolversi delle conoscenze linguistiche nel tempo — ovvero una risposta alla domanda: ma i ragazzi che (oggi) frequentano una scuola plurilingue davvero hanno conoscenze linguistiche migliori di chi (magari cinque anni fa) frequentava una scuola a insegnamento linguistico «tradizionale»? E se sì, in qual misura? Quali sono i vantaggi e quali gli eventuali problemi?
Ovviamente una sperimentazione scolastica seria — tanto più in un ambito così sensibile per la nostra convivenza e per la tutela delle minoranze — dovrebbe essere in grado di fornire queste informazioni, assieme a molte altre, e a maggior ragione se dalla sperimentazione si vorrebbe passare all’implementazione del nuovo sistema in tutte le scuole. Premetto, a scanso di equivoci, che non ho mai messo in dubbio i vantaggi della metodologia CLIL a livello individuale, e che tutte le perplessità da me espresse, riguardano invece esclusivamente la sfera collettiva.
Lo stesso 26 aprile mi sono rivolto alla sovrintendente scolastica, dott.ssa Minnei, come consigliatomi da Tommasini, specificando il tipo di informazione che mi sarebbe piaciuto avere:
Gentile dott.ssa Minnei,
l’assessore Christian Tommasini mi ha consigliato di rivolgermi a Lei per ricevere informazioni sulle sperimentazioni scolastiche di tipo “CLIL” e i relativi risultati. In particolare mi interesserebbe sapere se ci sono degli studi o comunque dei dati attendibili sui risultati effettivi raggiunti grazie al “CLIL” — ossia una comparativa fra il livello di tedesco raggiunto coi sistemi “sperimentali” e quello raggiunto con l’insegnamento “tradizionale” di L2.
Le informazioni mi servirebbero per la redazione di un articolo.
La ringrazio e porgo
cordiali saluti
Ed ecco la risposta, giuntami il 2 maggio, quindi oltre un mese fa:
Gentile dott. Constantini,
inoltro la sua richiesta alle dirigenti scolastiche Marina Degasperi e Mirca Passarella, rispettivamente a capo dell’Istituto Comprensivo Bolzano 5 e Bolzano 6.
Saranno certamente disponibili a collaborare con lei al reperimento/fornitura dei dati utili alla sua attività .Cordiali saluti
La Sovrintendente Scolastica
dott.ssa Nicoletta Minnei
Non so esattamente da dove spunti quel titolo («dott.»), giacché (nonostante io sia laureato) non lo uso (quasi) mai, tantomeno in ambiti estranei al mio mestiere.
Ad ogni modo da quel momento non ho più avuto notizie circa la mia richiesta. Per un assessorato e un «sistema scuola» che si vanta dei risultati raggiunti grazie al CLIL — ripeto, dei quali io non dubito, ma dei quali vanno approfonditi alcuni aspetti potenzialmente problematici nel nostro contesto caratterizzato da equilibri molto sensibili — mi sembra un modo di informare molto chiuso, incapace di fornire un minimo riscontro oggettivo. Se il PD vuole davvero elevare l’immersione a dogma per qualsiasi futura partecipazione di governo, i dati relativi alle sperimentazioni dovrebbero venir resi pubblici in maniera assolutamente trasparente; e questo a prescindere dal fatto che le perplessità sugli effetti «a livello collettivo» di una tale rivoluzione rimangano comunque intatte, a meno che non si opti per un modello assimmetrico.
Da parte mia tornerò a rivolgermi direttamente alle dirigenti scolastiche, sperando di ottenere qualche dato utile, e ovviamente terrò al corrente i lettori di .
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