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Ricettazione, il CAI dice no.

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Al CAI non lo ammetterebbero mai — i montanari son modesti — ma se la sezione di Bolzano qualche giorno fa ha rifiutato di vendere il Schlernhaus (o di permutarlo con altri due rifugi) è perché sanno che non si vende ciò che è stato sottratto a qualcun altro. Il prestigioso rifugio, costruito nel 1883 dal Club Alpino Tedesco ed Austriaco (DÖAV), era stato espropriato e consegnato al CAI dal regime fascista nel 1924 contestualmente alla dissoluzione forzata dell’Alpenverein Bozen.

Se gli fosse stato chiesto di restituirlo gratuitamente, come è giusto che sia, non avrebbero certamente rifiutato. Ma la ricettazione no. C’è chi obietta che il CAI avrebbe potuto restituire spontaneamente i rifugi ai legittimi proprietari alla fine dell’epoca fascista — ma non esageriamo. In fondo, anche le opere d’arte e gli altri oggetti di valore trafugati dai nazisti in molti casi sono stati restituiti solo parecchi anni dopo, e dietro presentazione di relativa documentazione.

Quindi: Chiedete, e vi sarà certamente dato.

Cëla enghe: 01 02 03



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Comentârs

12 responses to “Ricettazione, il CAI dice no.”

  1. Mauro avatar
    Mauro

    Chi ha scritto questo post o non conosce i fatti o è in malafede. Negli anni ’70 lo stato ha risarcito l’AVS per la triste vicenda dell’esproprio dei rifugi in epoca fascista. Una bella somma (mi pare oltre 90milioni dell’epoca) solo per la Schlernhaus che è di proprietà  del CAI di Bolzano e, diversamente da tanti rifugi CAI malandati e mal gestiti (peraltro già  passati alla provincia), mi sembra in ottime condizioni e ben gestito. Nonostante le fortissime pressioni di Durnwalder, l’assemblea dei soci del CAI BZ ha deciso di non venderlo o meglio non a queste condizioni (e non si tratta solo di soldi, vedi questione cartelli dei sentieri).
    Ridurre tutto ad un articoletto frettoloso che fa passare il CAI di BZ per un covo di nostalgici mi pare davvero triste, alla faccia del forum “postetnico”.

  2. pérvasion avatar

    Caro Mauro, è vero, ci fu un parziale risarcimento, ma l’AVS non ha mai rinunciato spontaneamente al Schlernhaus. Anzi, il risarcimento ci fu proprio perché già  allora (negli anni ’70) il CAI non era stato disponibile a restituire il «maltolto», e questa la dice lunga.

    Immagina se — per analogia — un museo chiedesse la restituzione di un’opera rubata dai nazisti e, non ottenendola, si dovesse accontentare di un «risarcimento». Anche il Schlernhaus è unico e quindi non ha un prezzo…

    Per quanto riguarda la posizione massimalista del CAI sulla toponomastica di montagna su questo blog abbiamo speso decine di articoli (ad es. [1] [2] [3])… è una posizione che combacia perfettamente con l’atteggiamento sui rifugi: mantenimento e difesa di una realtà  creata da un regime totalitario.

  3. Mauro avatar
    Mauro

    A me invece risulta che all’epoca fu anche proposta la restituzione di molti rifugi, ma l’AVS preferì il risarcimento. Facile che ciò non valesse per la Schlernhaus, mi informerò in merito. Ho capito, per te (voi?) la posizione del CAI di Bolzano è quella del classico nostalgico fascista. Ma proviamo a cambiare il punto di vista. Visto che il rifugio è stato pagato (risarcimento), sono stati fatti ingenti lavori di risanamento e di ampliamento (dal CAI sicuramente anche con fondi provinciali), è perfettamente funzionante e ritrovo di alpinisti di tutto il mondo, perché secondo te è così importante che diventi proprietà  AVS? Mi interessa il tuo punto di vista “postetnico”.

  4. Mauro avatar
    Mauro

    Trovo che comunque sia forviante mischiare il discorso toponomastica con quello della Schlernhaus. Ritengo però chiaro definire la mia posizione nel merito: personalmente, non utilizzo praticamente mai la toponomastica inventata tolomeiana e non ne sono certo un difensore, anzi. Non per questo giustifico il “golpe” AVS con l’apposizione dei cartelli monolingue senza alcun mandato politico (ufficiale).
    La questione della proprietà  della Schlernhaus mi pare ben diversa.

  5. pérvasion avatar

    · Anche qui su BBD abbiamo criticato l’azione dell’AVS, soprattutto per quanto riguarda le informazioni «funzionali» monolingui. Si tratta di una situazione inaccettabile e indifendibile. Nel 2009 l’AVS sarebbe stato disposto a correggere questa chiara distorsione, ma al CAI non bastava (si dovevano introdurre o reintrodurre tutte le invenzioni di Tolomei).

    · Per quanto riguarda il mandato ufficiale, abbiamo sempre criticato che la politica abbia trascurato i propri compiti, delegando una questione talmente sensibile alle associazioni private. Anche una segnaletica totalmente «bilingue/tolomeiana» si sarebbe dovuta apporre senza mandato ufficiale. Recentemente è stato il PD a rifiutare una soluzione sulla toponomastica (ci sono sempre problemi «più urgenti»).

    · È stato il CAI a mescolare la questione Schlernhaus con la toponomastica.

    · La richiesta di restituzione non scaturisce da un punto di vista «postetnico», ma da un punto di vista democratico e di stato di diritto.

    · Da un punto di vista postetnico andrebbe benissimo una gestione comune AVS-CAI-Land, se non subordinata a richieste nazionaliste. In linea di massima e a medio termine però c’è bisogno di un Club Alpino unico e territoriale, non subordinato alle logiche nazionali.

  6. Mauro avatar
    Mauro

    – a me risulta che la proposta del CAI BZ era di ripristinare 2500 toponimi italiani e non certo tutti gli 8000 del prontuario di Tolomei. Ripeto, fosse per me ne basterebbero poche decine.
    – mi risulta anche che di una gestione comune AVS-CAI si parla da decenni ma è sempre stata affossata e non certo dal CAI.

    Io sono dell’idea che dietro questa storia della “riconquista” della Schlernhaus ci sia qualcosa di molto simbolico e quindi etnico da parte di Durnwalder e soci. Personalmente non mi importa se un rifugio sia di proprietà  CAI o AVS.
    Sono intervenuto perché il tuo post mi è sembrato incompleto ed esageratamente fazioso. Ora, completato dei successivi commenti, mi fa già  un altro effetto.

  7. pérvasion avatar

    a me risulta che la proposta del CAI BZ era di ripristinare 2500 toponimi italiani e non certo tutti gli 8000 del prontuario di Tolomei.

    Quei 2.500 sarebbero largamente sufficienti a completare l’opera di Tolomei. Non dimentichiamo che non tutti gli 8.000 toponimi di Tolomei si trovano in montagna e/o sono rilevanti per la segnaletica sui sentieri. Per confezionare la sua lista, il CAI si affidò alle cartine Tabacco, e, laddove queste non prevedessero il binomismo, si fecero ulteriori verifiche… usando il prontuario di Tolomei. [1]

    Ripeto, fosse per me ne basterebbero poche decine.

    È una posizione interessante e molto moderata; comunque sono dell’avviso che non si debba parlare di venti, mille o seimila toponimi, ma di una metodologia da applicare a tutti quanti.

    mi risulta anche che di una gestione comune AVS-CAI si parla da decenni ma è sempre stata affossata e non certo dal CAI.

    Su questo punto non sono al corrente, ma, ovviamente, indipendentemente da chi abbia affossato quella soluzione, andrebbero anche prese in considerazione le sue ragioni. Se ad esempio (per rimanere in tema) la condizione del CAI per una gestione comune fosse la reintroduzione del Tolomei, è ovvio che l’AVS non può accettare.

    Io sono dell’idea che dietro questa storia della ”riconquista” della Schlernhaus ci sia qualcosa di molto simbolico e quindi etnico da parte di Durnwalder e soci. Personalmente non mi importa se un rifugio sia di proprietà  CAI o AVS.

    Simbolico sì, certamente… ma etnico? Se il Schlernhaus venisse dato alla provincia e gestito assieme a CAI e AVS a me sembrerebbe una soluzione equa (e sufficientemente «postetnica»), a maggior ragione se consideriamo il passato.

    Sono intervenuto perché il tuo post mi è sembrato incompleto ed esageratamente fazioso. Ora, completato dei successivi commenti, mi fa già  un altro effetto.

    Beh, spero che da come è formulato fosse chiaro che il mio intervento è una provocazione. Ma hai fatto bene a chieder delucidazioni.

  8. anonym avatar
    anonym

    Im AVS Newsletter vom März 2012 findet sich ab Seite 27 der recht interessante Artikel “Die geraubte Stadt”, in dem Florian Trojer diese leidige Geschichte sehr genau beschreibt.
    Es wäre vielleicht nicht schlecht, wenn sich die Mitglieder des CAI diesen Artikel einmal durchlesen würden.
    Auch nicht schaden würde die Beschäftigung mit dem Verfahren wie Deutschland und Österreich selbst heute noch, 70-80 Jahre nach dem begangenen Unrecht, mit Wiedergutmachung und Entschädigung von Enteignung und Arisierung während der Nazi-Zeit umgehen. Hier könnten sich manche verbissenen Nationalisten andernorts eine Scheibe abschneiden (wenn sie denn fähig wären).

    Vielleicht wäre es das Beste , wenn alle ehemligen Hütten des DuOeAV sofort in den Besitz des Landes übergingen, dann wäre dieser Streit ein für alle Mal beendet und die Hütten gehörten dem Südtiroler Volk. Bei 25 Hütten ist das ja schon so.

  9. Sandro avatar
    Sandro

    Al di là  di tutte le diatribe di carattere storico e politico sul destino del rifugio sullo Sciliar/Schlern , leggendo la storia del rifugio sul sito cai di Bolzano, mi ha colpito una frase che condivido: ”Notevole valore affettivo per gli alpinisti di lingua tedesca di Bolzano che lo ha gestito per 39 anni, ma anche per il cai di Bolzano che lo gestisce da 87 anni.”.
    A questo rifugio mi collegano molti ricordi d’infanzia, era la meta preferita di mio padre, che da Bolzano lo frequentava molto spesso. In compagnia dei suoi amici negli anni 40 e 50 partiva in treno da Bolzano, per raggiungere la stazione di Fiè, di cui è rimasta ancora la stazione ed il caratteristico ponte e da lì salivano a piedi al rifugio. Da quel che mi raccontava era una meta ambita degli alpinisti di Bolzano.
    Negli ultimi decenni lo ho frequentato poco, preferendo altre meste meno turistiche e non so quale sia ora la clientela abituale del rifugio.
    Penso però che condizionare la cessione di questo rifugio, alla chiusura dell’accordo sulla gestione comune avs-cai-provincia dei rimanenti sia stato uno sbaglio. Questa richiesta penso che non sia stata posta principalmente dall’avs, ma da altri soggetti, un po’ di chiarezza potrebbe calmare le acque. La contropartita offerta alla sezione di Bolzano di due rifugi/alberghi a monte di impianti di risalita (Schaubachhütte und Regensburgerhütte), non era sicuramente dignitosa.
    L’articolo pubblicato sul bollettino dell’AVS si rifà  al libro ”Bergheil”, che ripercorre la storia delle associazioni alpinistiche tedesche ed austriache dagli anni 1918 al 1945. Lo ho letto, è disponibile anche nelle biblioteche comunali, lo ho trovato molto interessante anche per il capitolo sulla storia della sezione Donauland e sui Naturfreunde. Sul periodo del ventennio fascista ed il cai esistono pure dei libri come ”Alpinismo e storia d’Italia” di Alessandro Pastore o ”Sulle vette della patria” di Stefano Morosini, che però non ho letto.

  10. anonym avatar
    anonym

    Ich möchte noch auf einen besonders brisanten Teil der Geschichte hinweisen. So hat der CAI selbst die Enteignung der Hütte gefordert und die gewünschten Hütten genannt. Nicht die Faschisten haben also die Enteignung in die Wege geleitet und die Hütten dann dem CAI übergeben. Das ist schon ein feiner Unterschied der bisher meines Wissens nie richtig aufgearbeitet wurde, schon gar nicht von Seiten des CAI.

    Vergleichbar wäre diese Prozedur z.B. wenn im Krieg Museen Bestelllisten an die Machthaber geschrieben hätten, welche Kunst sie im eroberten Ausland gerne geraubt haben möchten. Vielleicht gabs solche Fälle, ich weiss es nicht, aber das ändert die Situation doch von Grund auf.

    Zudem sollte bei der Entschädigung in den 1970ern bedacht werden, dass der AVS rechtlich nicht für Eigentum des DuOeAV entschädigt werden kann sondern nur für ihm selbst erlittenes Unrecht, wobei Entschädigung immer nur die letzte mögliche Wiedergutmachung darstellt, die Rückerstattung auf jeden Fall vorzuziehen ist, diese aber jahrzehntelang durch den italienischen Staat (und Militär) und CAI blockiert wurde.

  11. pérvasion avatar

    Lässt sich das Land jetzt vom CAI vor sich hertreiben? Die Sektion Bozen des Alpinclubs teilt mit, dass sie die Überwindung des faschistischen Unrechts «Enteignung» an die Wiedereinführung des faschistischen Unrechts «Ortsnamen» knüpft: Nicht die Zweisprachigkeit der Wegweiser, sondern die Übersetzung der Ortsnamen sei Voraussetzung dafür, dass der CAI einem Verkauf bzw. Tausch des Schlernhauses zustimmt. Dreist. Aber mit guten Erfolgschancen.

  12. Christian avatar
    Christian

    Die Schutzhütten gehören den rechtmäßigen Besitzern zurückgegeben, denen sie weggenommen wurden. Ob jetzt das Schlernhaus der Alpenverein Sektion Bozen oder die Grasleitenhütte der Alpenverein Sektion Leipzig, usw. Und mit den übersetzten Ortsnamen hat das alles gar nichts zu tun. Die übersetzten Ortsnamen sollte man den Faschisten auch zurückgeben!

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