Non ho intenzione di entrare nel merito della discussione sugli attentati dinamitardi del 1961, perché è un tema che ho sempre sentito lontano dalla mia sensibilità e dunque, lo ammetto, non ho mai approfondito a sufficienza. Fosse stato possibile, avrei volentieri fatto a meno di toccare la questione, ma le modalità con cui viene discussa in sede pubblica mi «impone» una breve riflessione.
Come ha scritto Franceschini sulla Tageszeitung di qualche giorno fa (edizione di pentecoste), c’è chi sta tentando di imporre una presunta verità storica che non esiste. Storici di «prima categoria», come Steininger e Steurer, sostengono la tesi che gli attentati della Feuernacht furono perfettamente inutili, se non addirittura controproducenti. Chi, come Hans Karl Peterlini o lo stesso Franceschini, sostiene tesi più frastagliate ed esprime dubbi senza giungere a un giudizio definitivo, tranciante, viene di fatto relegato in «seconda categoria».
Ora, mi sembra ovvio che un giudizio cristallino su un periodo storico talmente intricato, durante il quale si sovrapposero attori e interessi difficilmente analizzabili per compartimenti stagni, sarebbe possibile esclusivamente nel caso in cui abessimo a disposizione prove veramente inconfutabili.
Difficilmente un politico serio ammetterebbe che gli attentati siano serviti a qualcosa, per evitare di giustificare e favorire l’uso della violenza. Ma non esistono nemmeno documenti segreti, «declassificati», a sostegno di una o dell’altra tesi.
Non essendoci alcun documento e nessuna testimonianza sufficientemente autorevole da poter confermare un’influenza (positiva o negativa) degli attentati sulla politica, e non essendoci nemmeno la certezza che quegli avvenimenti eclatanti non abbiano (direttamente o indirettamente) influenzato le trattative, foss’anche uno solo dei partecipanti, le tesi degli storici rimangono per forza tali — delle tesi.
È perfettamente legittimo che gli storici si facciano un’opinione e la difendano, anche appassionatamente, o che una società si faccia un’idea e dia un giudizio politico e morale su ciò che è avvenuto cinquant’anni fa. Ma bisogna sempre diffidare da chi vuol imporre una verità senza avere prove sufficienti.
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