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Stroncata la Vetta d’Europa.

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Qualche giorno fa i verdi sudtirolesi hanno proposto di ribattezzare «Europaspitze – Klockerkarkopf – Vetta d’Europa» quella che Tolomei aveva nominato «Vetta d’Italia». Una proposta che non mi emoziona, ma che potrebbe anche andare bene, se — come dicono i verdi — fungesse da coronamento a una buona soluzione sulla toponomastica. Sia il CAI (a quale titolo?) che il Landeshauptmann hanno rilanciato la proposta, ma ora arriva la stroncatura del decano dell’accademia della Crusca, Carlo Alberto Mastrelli. Una stroncatura piena di contraddizioni, ignoranza e superficialità, a dimostrazione di come la «nazione» e le sue istituzioni più o meno ufficiali non riescano a superare l’equazione tra lascito fascista e identità italiana, né a condannare i metodi del fascismo.

L’intervista a Mastrelli pubblicata oggi dal Corriere dell’Alto Adige:

Toponomastica Il decano dell’Accademia della Crusca: i politici devono essere affiancati dagli esperti

«Vetta d’Italia, ingiusto cambiare il nome»

Mastrelli: la sua natura sta nell’indicazione geografica, l’Europa merita altro

BOLZANO — «Ribattezzare come “Vetta d’Europa” l’attuale Vetta d’Italia? La proposta è dettata da una lodevole intenzione ma ritengo che non sia giusta e accettabile».
A far capire come la politica stia forse facendo una «forzatura scientifica» nel mettere mano alla toponomastica altoatesina, è il glottologo Carlo Alberto Mastrelli, 87 anni, una vita dedicata alo (sic) studio e all’insegnamento delle lingue classiche, soprattutto germaniche, e della toponomastica in generale. Il parere di Mastrelli è prezioso se si considera che lo studioso è anche l’attuale decano dell’Accademia della Crusca, ovvero dell’istituto deputato ufficialmente alla «salvaguardia e lo studio della lingua italiana».

Professor Mastrelli, la politica in Alto Adige mette mano alla toponomastica…
«Mi creda, la toponomastica non è una materia che si può maneggiare senza essere preparati. Non dico che ci vogliano commissioni composte da 50 dottoroni, ma almeno bisogna avere due-tre esperti, che devono portare documenti e quant’altro. E poi si discute».

E invece?
«Il torto evidentemente è sempre dell’Italia. L’italiano non può essere gestito dal partito di governo e nemmeno da Bolzano soltanto».

Partiamo da uno degli scogli in commissione, forse quello più duro, che ha diviso i commissari. Meglio l’«Alta Via della Vetta d’Italia» o «Lausitzer Weg» (sic), come era stata denominata all’origine nel lontano 1904, prima di Tolomei e prima di essere ripristinata dagli alpini della Tridentina nel 1974?
L’approccio deve essere preciso.

Ovvero?
«Prima ci spiegano per loro cosa vuol dire quel “Lausitz”. Se non ce lo dicono, si può pensare di mettere un nome “funzionale”».

Per esempio?
«Se quella via serve, per dire, tre rifugi, si può anche trovare una nuova forma che richiami questo, tipo “Via dei tre rifugi”».

Già si dividono sui nomi esistenti, metterne di nuovi potrebbe innescare altre discussioni, o no?
«Quello che spesso non si ricorda dalle vostre parti è che la toponomastica si evolve e ce ne può essere sempre di nuova. Un esempio banale, la MeBo (il nome della superstrada per Merano, ndr). Magari certi nomi non sono ancora codificati, ufficializzati, ma nell’uso ci sono già».

I Verdi hanno riproposto l’idea langeriana di trasformare la Vetta d’Italia in Vetta d’Europa. Il Cai è pure d’accordo. Cosa ne pensa?
«Io so che “fa bello” chiamare una cosa “Europa”. Ma secondo me questo sarebbe solo un bel… cerotto».

Cioè?
«La motivazione di un nome non può essere quella di “rimediare” a qualcosa. Le motivazioni e i significati devono essere precisi. L’Europa si merita ben altra attenzione, caso mai. Se l’Alto Adige vuole rimarcare l’interetnìa sua e dell’Europa, si trovi un bel luogo nuovo».

Una bella distinzione di metodo…
«La Vetta d’Italia è un nome legittimato, non tanto dalle ascensioni giovanili di Tolomei, quanto dal fatto che la si riteneva la “vetta d’Italia”, il punto più a nord».

In effetti, la «Glockenkaarkofl» (sic), come la chiamarono nell’Ottocento, è sul crinale più a nord dell’Italia (anche se poi la Testa Gemella Occidentale è qualche centinaio di metri più a nordest, ndr)
«Quindi più che una denominazione “celebrativa” quella è una denominazione “indicativa”, geografica. Vetta d’Europa invece è una denominazione “celebrativa” e quindi diventerebbe inadeguata, un cerotto appunto».

Ma in sostanza, le denominazioni devono essere ispirati (sic) da criteri indicativi o celebrativi?
«Esiste una “natura” che va rispettata e quindi esistono delle distinzioni. Nomi indicativi sono, per esempio, Rio dei mulini, Piazza della chiesa, Via delle scuole, che danno indicazioni. Poi ci sono le denominazioni celebrative: Campo della battaglia, Piazza della Libertà, Via Trento e Trieste».

E quindi Vetta d’Italia?
«È e deve restare un nome indicativo».

Quindi la commissione…
«Il suo lavoro può essere considerato una prima sperimentazione per il conseguimento di quanto è prescritto nelle norme statuarie, ma occorrerà avere il tempo e il modo di esaminare tutto con la dovuta attenzione e competenza».

L’obiettivo?
«Che tutti i toponimi corrispondano ai criteri di un corretto bilinguismo conforme alle leggi, alle regole degli studi toponomastici e a un uso “consapevole” della lingua italiana».

Pierluigi Perobelli



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Comentârs

18 responses to “Stroncata la Vetta d’Europa.”

  1. pérvasion avatar

    Professor Mastrelli, la politica in Alto Adige mette mano alla toponomastica…
    «Mi creda, la toponomastica non è una materia che si può maneggiare senza essere preparati. Non dico che ci vogliano commissioni composte da 50 dottoroni, ma almeno bisogna avere due-tre esperti, che devono portare documenti e quant’altro. E poi si discute».

    È strano che per maneggiare l’opera di uno scempiatore e falsificatore come Tolomei ci sia bisogno di «preparazione», mentre quella stessa opera non viene messa minimamente in dubbio.

    E invece?
    «Il torto evidentemente è sempre dell’Italia. L’italiano non può essere gestito dal partito di governo e nemmeno da Bolzano soltanto».

    Un non-argomento e un’affermazione senza senso. 1. Non so se il torto sia sempre dell’Italia. Anche se così fosse, non è rilevante. È rilevante solo che chi inventò e ufficializzò (l’Italia? il regime fascista?) quelle invenzioni commise un torto. Tutto il resto è pessima retorica. 2. Se un politico dice che non può decidere Bolzano se ne può discutere. Se lo dice uno scienziato mi deve spiegare in base a quale precetto scientifico lo afferma.


    Partiamo da uno degli scogli in commissione, forse quello più duro, che ha diviso i commissari. Meglio l’«Alta Via della Vetta d’Italia» o «Lausitzer Weg» (sic), come era stata denominata all’origine nel lontano 1904, prima di Tolomei e prima di essere ripristinata dagli alpini della Tridentina nel 1974?

    L’approccio deve essere preciso.

    Ovvero?
    «Prima ci spiegano per loro cosa vuol dire quel ”Lausitz”. Se non ce lo dicono, si può pensare di mettere un nome ”funzionale”».

    E qui siamo all’aberrazione totale. Alla fine di sterminate campagne denigratorie siamo arrivati al punto che siano i nomi originali a dover venir «difesi» e «giustificati», mentre quelli falsi sono perfettamente legittimi.

    Per esempio?
    «Se quella via serve, per dire, tre rifugi, si può anche trovare una nuova forma che richiami questo, tipo ”Via dei tre rifugi”».

    Allora da Tolomei in poi coloro che rappresentano la lingua e la cultura italiane non hanno imparato nulla. Siamo ancora qui a creare artificialmente nomi nuovi, come se non fosse accaduto nulla. Questa è la conferma che il fascismo non è mai stato «rielaborato», i suoi metodi sono tuttora validi.

    Già  si dividono sui nomi esistenti, metterne di nuovi potrebbe innescare altre discussioni, o no?
    «Quello che spesso non si ricorda dalle vostre parti è che la toponomastica si evolve e ce ne può essere sempre di nuova. Un esempio banale, la MeBo (il nome della superstrada per Merano, ndr). Magari certi nomi non sono ancora codificati, ufficializzati, ma nell’uso ci sono già ».

    L’esempio non è pertinente per due ragioni: 1. Perché il nome MeBo, se è nato come dice Mastrelli, è il contrario di un nome creato a posteriori e a tavolino, oltrettutto a scopi assimilatori. 2. Perché la MeBo è di costruzione recente ed è quindi ovvio che sia recente anche il nome.
    Nessuno è contrario all’evoluzione — ma qui stiamo parlando di imposizioni ed invenzioni.

    I Verdi hanno riproposto l’idea langeriana di trasformare la Vetta d’Italia in Vetta d’Europa. Il Cai è pure d’accordo. Cosa ne pensa?
    «Io so che ”fa bello” chiamare una cosa ”Europa”. Ma secondo me questo sarebbe solo un bel… cerotto».

    Cioè?
    «La motivazione di un nome non può essere quella di ”rimediare” a qualcosa. Le motivazioni e i significati devono essere precisi. L’Europa si merita ben altra attenzione, caso mai. Se l’Alto Adige vuole rimarcare l’interetnìa sua e dell’Europa, si trovi un bel luogo nuovo».

    Qui diventa palese che la sola preoccupazione di Mastrelli è quella di «salvare» l’invenzione di Tolomei. Perché trovare un altro luogo? Perché non depotenziarne uno che è motivo di divisione? «L’Europa si merita ben altra attenzione». :-)

    Una bella distinzione di metodo…
    «La Vetta d’Italia è un nome legittimato, non tanto dalle ascensioni giovanili di Tolomei, quanto dal fatto che la si riteneva la ”vetta d’Italia”, il punto più a nord».

    Sì, certo… questa è un’argomentazione talmente astrusa che mi vien difficile non scoppiare a ridere. Bella distinzione di metodo? Mi sembra nebulosissima, incomprensibile.

    In effetti, la «Glockenkaarkofl» (sic), come la chiamarono nell’Ottocento, è sul crinale più a nord dell’Italia (anche se poi la Testa Gemella Occidentale è qualche centinaio di metri più a nordest, ndr)
    «Quindi più che una denominazione ”celebrativa” quella è una denominazione ”indicativa”, geografica. Vetta d’Europa invece è una denominazione ”celebrativa” e quindi diventerebbe inadeguata, un cerotto appunto».

    E perché una denominazione celebrativa (che celebri la convivenza, ad esempio) non va bene, e una indicativa (che indicativa lo è solo in senso ideologio-nazionalista) sì?

    Ma in sostanza, le denominazioni devono essere ispirati (sic) da criteri indicativi o celebrativi?
    «Esiste una ”natura” che va rispettata e quindi esistono delle distinzioni. Nomi indicativi sono, per esempio, Rio dei mulini, Piazza della chiesa, Via delle scuole, che danno indicazioni. Poi ci sono le denominazioni celebrative: Campo della battaglia, Piazza della Libertà , Via Trento e Trieste».

    Ci vuole proprio una bella faccia tosta a parlare di una natura che va rispettata mentre si difende a spada tratta l’artificio frutto di una mente malata.

    E quindi Vetta d’Italia?
    «È e deve restare un nome indicativo».

    Ripeto: Se un politico dice che deve restare un nome indicativo se ne può discutere. Se lo dice uno scienziato mi deve spiegare in base a quale precetto scientifico lo afferma.

    Quindi la commissione…
    «Il suo lavoro può essere considerato una prima sperimentazione per il conseguimento di quanto è prescritto nelle norme statuarie, ma occorrerà  avere il tempo e il modo di esaminare tutto con la dovuta attenzione e competenza».

    Competenza, già .

    L’obiettivo?
    «Che tutti i toponimi corrispondano ai criteri di un corretto bilinguismo conforme alle leggi, alle regole degli studi toponomastici e a un uso ”consapevole” della lingua italiana».

    Un linguista che non riconosce che i nomi non sono «lingua» e dunque non esiste un «corretto bilinguismo» dei nomi — questa è una vera chicca.

  2. gadilu avatar
    gadilu

    Veramente acuto il prof. Mastrelli.

  3. pérvasion avatar

    L’Istituto di Studi per l’Alto Adige presso l’università  di Firenze, presieduto da un tale prof. C. A. Mastrelli, ancor’oggi si presenta (in internet) con un «programma» scritto da Ettore Tolomei. Scandaloso.

    Forse anche il Corriere dovrebbe essere più «preciso» e non presentarci come «parere […] prezioso» di un disenteressato «glottologo» e «decano dell’Accademia della Crusca» quella che invece è l’opinione di chi senza difficoltà  è il sucessore «scientifico» di Ettore Tolomei.

  4. gadilu avatar
    gadilu

    Fallo notare.

  5. martin avatar
    martin

    so schön langsam wird mir richtig (aber richtig) übel……

  6. fabivS avatar
    fabivS

    Bingo… siamo a cavallo: basta che qualcuno ci spieghi cosa vuol dire in italiano Lausitz ed il problema è risolto. Che sciocchi a non pensarci, ma perfortuna è saltato fuori questo genio quì!

    Cavoli! Io che pensavo che a pochi interessasse ormai di noi. Invece pare che ci sia un centro di ricerca che prosegue l’opera di Tolomei. Non si vergogna minimamente di avere sulla propria pagina principale scritti di chiaro stampo nazionalista. Wow, Bravi!
    Beh, non ci resta che invitarli a tenere una conferenza quì da noi. Mandiamoli magari al Kulturhaus di Schenna, con un bel paio di lacci tricolore! :-D

  7. Senoner avatar
    Senoner

    Meglio l’«Alta Via della Vetta d’Italia» o «Lausitzer Weg», come era stata denominata all’origine nel lontano 1904, prima di Tolomei e prima di essere ripristinata dagli alpini della Tridentina nel 1974?

    Haben das andere auch missverstanden? Beim ersten Lesen, habe ich verstanden, dass die Alpini 1974 den alten Namen “Alta Via della Vetta d’Italia” wiederhergestellt haben, der gültig war, bevor 1904 der Name “Lausitzer Weg” erfunden wurde.

  8. Stefan avatar
    Stefan

    @ fabivS:

    basta che qualcuno ci spieghi cosa vuol dire in italiano Lausitz ed il problema è risolto

    Die Lausitz heißt auf Italienisch Lusazia. ;-)

  9. fabivS avatar
    fabivS

    @Stefan:

    si vede che non te ne intendi: quì ci vogliono gli esperti, come dice il decano!
    Fate provare ad un linguista:

    Lausitz = Laus+(s)itz
    cioè in italiano letteralmente
    “domicilio della cimice” ovvero “Cimiciaio”.

    Visto… Altro che Lusazia, Cimiciaio! :-D

  10. jonny avatar
    jonny

    @fabivs

    bella questa, potremmo fare cosà­ con tutti i nomi in discussione, anzi potrebbero(gli esperti) fare cosà­ con tutti i nomi in discussione.
    ma mi sa, che anche Tolomei ci ha pensato:
    Siebeniech = Settequerce
    o anche in inglese:
    Auer(hour) = ora

  11. Senoner avatar
    Senoner

    Laus = pidocchio cari miei!

  12. aglioorsino avatar
    aglioorsino

    …ma dove trovani sti fenomeni??? E quanti sono ancora in riserva? Una volta si imparava a scuola il significato dei toponimi…poi cambio la gestione scolastica (sic)

  13. aglioorsino avatar
    aglioorsino

    Che il Corriere dell’Alto Adige pubblichi un’intervista di sto “signore” già  la dice lunga….continuate a dare spazi…scometto che il “suo” istituto percepisce anche soldi pubblici…

  14. fabivS avatar
    fabivS

    ufff… pidocchio, cimice, pulce… tutti animali che grazie al cielo non ho mai visto e non saprei proprio distinguere.
    Vabbè; eccoti contento, Senoner, cambiamo tutto: Lausitz = Sedile del pidocchio.
    Cosa voglia dire di preciso, devi chiederlo a quei bontemponi che hanno inventato il nome “Lausitz”. Strani questi toponimi tirolesi: mai visto sedili coi pidocchi (nemmeno sulla vecchia Panda 30) ma per carità , c’è sempre una prima volta…

  15. anonym avatar
    anonym

    Tolomei hätte seine wahre Freude, genau seine Methodik. :D

  16. Senoner avatar
    Senoner

    @fabivS, visto che oggi ogni scherzo vale…
    Lausitz = Lau + Sitz, quindi: sede tiepida o posto tiepido

    :-)

  17. pérvasion avatar

    @gadilu: Mein Leserbrief wurde heute im Corriere dell’Alto Adige veröffentlicht.

    Daneben übrigens noch ein zweiter, in dem die Antifaschisten verunglimpft werden, weil sie es angeblich (anders als die Faschisten) nötig hätten, ihr Gesicht zu vermummen.

  18. gadilu avatar
    gadilu

    Ho visto.

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