A fine febbraio i sindacati hanno proposto di abolire l’addizionale IRPEF regionale e comunale per consentire ai lavoratori un modesto recupero di potere d’acquisto. L’operazione verrebbe a costare 65 milioni di Euro alla Provincia autonoma, controbilanciabili con risparmi in varie categorie di spesa provinciale. Un atto dovuto della Provincia, affermano in coro i sindacati, dopo due tappe di tagli all’IRAP per sgravare gli imprenditori che sono costate notevolmente di più in termini di entrate mancate. Durnwalder si è detto contrario perché una tale misura avvantaggerebbe i percettori di redditi più alti e perché costringerebbe la Provincia a risparmiare. Dall’altra parte, sotto la pressione delle associazioni imprenditoriali, il presidente si impegna affinché siano allentati i controlli fiscali per le imprese. La Guardia di Finanza, per contro, nel corso 2008 grazie a 772 verifiche ha scoperto 770 milioni di Euro non dichiarati al fisco, recuperando 200 milioni di Euro di imposte evase. Due controlli al giorno in una provincia con 50.000 imprese non sono eccessive, ciononostante la Guardia di Finanza ha dovuto ridurre questo numero a causa della mancanza di personale (vedi Dolomiten, 30.12.2008).
Infatti, per finanziare un eventuale taglio all’addizionale IRPEF regionale e comunale il rafforzamento della lotta contro l’evasione, “l’imposta invisibile” (CGIL), sarebbe la fonte più abbondante, senza ricorrere a riforme fiscali. Una ricerca dell’AFI-IPL (dimensione lavoro n.1/2005) ha stimato l’economia sommersa nella nostra Provincia al 18% del PIL prodotto qui (17 miliardi Euro nel 2008), mentre il Ministero delle Finanze arriva ad almeno il 12%. Assumendo la media come stima realistica, il gettito fiscale non incassato equivalente a tale dimensione di economia sommersa tocca quasi un 1 miliardo di euro. In altre parole: se ci fosse un impegno serio da parte di tutto l’ente pubblico contro l’evasione fiscale, sia a livello del personale, dei sistemi informatici, dei regolamenti impiegati nell’accertamento e verifica delle imposte, le maggior entrate fiscali potrebbero gonfiare il bilancio provinciale e consentire riduzioni eque e solidali della pressione fiscale per tutti. In quest’ottica appare assurdamente ambiguo e controproducente il continuo impegno della Provincia per allentare i controlli fiscali delle imprese ed in generale la sua mancanza di collaborazione per la riscossione delle imposte, benché fosse prevista dallo Statuto di autonomia (art. 11). Occorre ricordare che anche secondo il nuovo sistema di finanziamento, stipulato con il governo nel novembre 2009, di ogni euro non riscosso in imposte erariali, mancano 90 centesimi alle casse della Provincia, non più spendibili per i servizi sociali, per il sistema formativo ed il miglioramento delle strutture sanitarie.
Di un taglio all’IRPEF regionale e comunale approfitterebbero di più i percettori di redditi alti? Non è un buon argomento questa affermazione di Durnwalder, perché basterebbe applicare uno sgravio limitato ai redditi dei lavoratori dipendenti non eccedenti un determinato limite. Anche se i redditi alti fossero fra i beneficiari, non è questo che incide per una tassazione più equa dei redditi: occorre ricordare che nella nostra Provincia, al vertice delle regioni d’Italia per PIL pro capite, nel 2010 si incasseranno appena 103,8 milioni di Euro di imposte sui redditi da capitale (previsioni della Provincia autonoma), e sono quasi inesistenti le entrate provenienti da imposte sugli immobili. È infondato, inoltre, il timore che il piccolo taglio dell’addizionale IRPEF necessariamente dovrà ripercuotersi sulle tariffe pubbliche: la Provincia ha ampie possibilità di risparmio in altri settori. Due esempi: con 327 milioni. di Euro la Provincia nel 2010 spenderà più del doppio in contributi alle imprese rispetto al Land Tirolo, per non citare il livello di contributi alle imprese delle regioni ordinarie vicine. Dall’altro canto, i politici SVP, benché tesi a sbandierare la necessità dell’autonomia impositiva (Steuerautonomie), non usano lo spazio impositivo già presente nello statuto di autonomia. L’imposta sul turismo (art. 9) è stata soppressa 15 anni fa per fare un regalo agli albergatori e le lobby imprenditoriali e perché la Provincia, in presenza di un lauto saldo fiscale primario a suo favore, non ne aveva neanche bisogno. I tempi sono un attimino cambiati.
Quale conclusione? Oggi non basta ripetere gli slogan generici contro l’evasione fiscale, benché legittimi, se ai vertici della Provincia continua a regnare l’atteggiamento di frenare i controlli fiscali invece di impegnarsi seriamente affinché venga recuperata almeno una parte dei 900-1.000 milioni di Euro che ogni anno non affluiscono nelle casse provinciali per questo motivo. I semplici richiami dei sindacati sono effimeri perché stante alla situazione odierna le responsabilità per la riscossione fiscale non sono per nulla appropriate. Il problema di fondo è quello che nella nostra Provincia (e in tutte le altre regioni speciali) non coincidono le responsabilità di spesa pubblica da una parte e di imposizione e riscossione delle imposte dall’altra. Se l’autonomia impositiva resta un obiettivo lontano, a cui ci si avvicinerà solo con piccoli passi, è molto più realistica la provincializzazione della funzione della riscossione. Un’agenzia delle entrate provinciale dovrebbe avere due caratteristiche di fondo: da una parte l’efficienza dell’amministrazione provinciale portando un altro tipo di trasparenza in questa materia; dall’altra parte l’indipendenza dagli interessi delle categorie economiche. In altre parole: dovrebbe trattarsi di un’agenzia non succube del Governo provinciale e non orientata secondo le preferenze politiche dei più forti, ma controllata da organi composti da cittadini eletti e magistrati. I vantaggi sarebbero enormi, soprattutto per contrastare l’evasione. La stretta collaborazione fra l’amministrazione provinciale e agenzia delle entrate permetterebbe di incrociare una marea di dati a disposizione della Provincia sui contribuenti e percettori di un’ampia gamma di servizi e contributi locali. Tutto questo a vantaggio dell’efficienza della riscossione e del volume delle entrate spendibili da parte della Provincia per i servizi per la collettività. Tale riforma consentirebbe di raddrizzare un effetto perverso: la Provincia, benché beneficiaria del 90% delle entrate erariali, non solo non s’impegna, ma chiede un fisco possibilmente più assente.
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