Sedizione, ribellione e malversazione, questi i reati imputati ai membri del governo catalano di Carles Puigdemont (PDeCAT) in relazione al processo di indipendenza culminato nel referendum del 1 ottobre 2017, con la successiva attivazione dell’articolo costituzionale 155 da parte del governo spagnolo. Di fronte a una «giustizia» sempre più aggressiva e a un rifiuto permanente da parte di Madrid di qualsiasi intesa politica, alcuni ministri catalani e lo stesso Puigdemont si sono rifugiati a Bruxelles, mentre altri sono stati incarcerati preventivamente.
Tutti quanti rischiano condanne fino a 30 anni di prigione, anche se ieri la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha mandato una prima boccata d’ossigeno, limitando l’uso indiscriminato dei «delitti d’odio» da parte dei tribunali spagnoli.
Uno schiaffo alla Spagna, oltre che da Strasburgo e dalla Svizzera, negli ultimi giorni è venuto anche dalla Scozia, dove da Bruxelles si è ora trasferita Clara Ponsatí, ministra dell’educazione nel governo Puigdemont. Anche per lei, infatti, sia la magistratura sia i giudici del Tribunal Supremo hanno escluso l’emissione di un nuovo mandato europeo di cattura, facendo intendere quanto la Spagna sia isolata nella sua persecuzione politica del governo catalano. Ma non basta, perché Ponsatí non solo non si è resa irreperibile, ma riavrà anche la sua cattedra presso la rinomatissima — nonché pubblica! — University of St Andrews, che aveva lasciato proprio per aderire alla compagine governativa di Carles Puigdemont.
Quindi non solo il Regno Unito non la arresterà, ma restituirà a Ponsatí un pregiato incarico pubblico. Più chiaro di così…
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