Venerdì scorso è venuto in Sudtirolo, in visita ufficiale, il presidente UE Jean-Claude Juncker — e il consigliere provinciale Alessandro Urzì (AAnC), postfascista, ci ha ricamato sopra la sua solita esasperante polemica etnica. Come nel caso della norma di attuazione sulla toponomastica.
E come sempre.
Il sostegno mediatico, come al solito, gli è giunto puntuale dal quotidiano in lingua italiana del gruppo Athesia (la nuova proprietà che, in occasione dell’acquisto, aveva definito l’AA un giornale «autonomista»).
Abbiamo tentato di interloquire con Urzì su Facebook, ma purtroppo ha preferito tagliar corto continuando a cancellare ogni nostro commento. Sia chiaro, questo è un suo diritto — ma è la ragione per cui ho deciso di scrivere questo pezzo.
Andiamo al sodo:
Urzì si scaglia contro il cosiddetto «landesüblichen Empfang» degli Schützen, con cui il Landeshauptmann ha accolto Juncker. Scrive che «si è imbastita una cerimonia pari a quelle che solo i Capi di Stato tributano all’alto rappresentante dell’Europa» e che quindi Kompatscher avrebbe fatto «il finto Capo del Libero Stato». Falso. Noi, che indipendentisti lo siamo e dunque ce ne saremmo rallegrati, dobbiamo contraddire: il «landesüblicher Empfang« è appunto questo: landesüblich, ovvero «abituale», «consueto»… «normale»; e lo è anche a Innsbruck, non proprio la capitale di uno stato indipendente e sovrano. Che a Urzì non piaccia è un’altra cosa, bastava che lo dicesse.
Inoltre, il Nostro critica che per dare il benvenuto a Juncker gli Schützen abbiano usato dei fucili (depotenziati, quindi innocui, se non usati a mo’ di clava) del tipo Mauser 98k. I «micidiali Mauser 98 K in dotazione alla Wehrmacht. Fucili comprati uno ad uno nel mercato della nostalgia del Reich», secondo Urzì.
Ora, premetto che a me le armi non piacciono e sarei strafelice se gli Schützen le mettessero da parte. Ma sinceramente mi fanno più paura le armi vere (e in grado di uccidere) che non quelle finte/depotenziate usate a scopi di rappresentazione storica o cerimoniale.
Ad ogni modo non mi risulta che Urzì avesse avuto da ridire sull’esibizione di armamenti bellici (pesanti) durante l’adunata degli Alpini nel 2012; o sulle marce con le mitragliette (se fossero fucili mi si passi l’ignoranza, ma il senso rimane pur sempre quello). A meno che il consigliere non si sia convertito al pacifismo ultimamente; nel qual caso gli dovrei le mie scuse, ma mi sia permesso dubitarne.
Per quanto poi riguarda i «micidiali» Mauser, secondo quanto per quanto è dato sapere sono quasi tutti di provenienza iugoslava; altroché comprati uno a uno sul mercato della nostalgia (sempre che Urzì non sia in grado di dimostrare il contrario, ma allora dovrebbe farlo). Dunque un’altra accusa falsa.
Va detto però, e qui ho piena comprensione per la delusione di Urzì, queste/i sudtirolesi sono una vera banda d’ingrati. A nemmeno cent’anni dalla liberazione dal giogo austroungarico (non è uno scherzo, Urzì ne è convinto) hanno il cattivo gusto di non chiedere permessi agli eredi del fascismo. E di non suonare l’inno nazionale (quello antiaustriaco).
Come se fossero autonomi.
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