di Michele Grandolfo*
Desidero intervenire sul centro nascita di Vipiteno partendo da quando sono stato invitato alcuni anni fa per la celebrazione dei mille parti in acqua.
Rimasi colpito non tanto dalle statistiche sulla qualità e la sicurezza, peraltro assolutamente invidiabili, quanto da un’affermazione di una donna, invitata a prendere la parola per ricordare la sua esperienza nel centro nascita di Vipiteno: «ringrazio l’equipe del centro nascita per avermi fatto sentire competente.» Ecco la chiave di volta, ecco il punto critico, ecco l’inaccettabilità: il centro nascita di Vipiteno è sovversivo perché favorisce l’espressione di competenza delle donne e delle persone che nascono. Tutta la letteratura scientifica seria, tutte le linee guida serie testimoniano che far emergere, valorizzare, promuovere, sostenere e proteggere le competenze delle donne e delle persone che nascono produce migliore qualità, maggiore sicurezza e minori costi. I problemi di sicurezza insorgono in primo luogo per le procedure inappropriate che tendono a impedire l’espressione di competenze, interferiscono pesantemente sulla fisiologia della nascita (per esempio il controllo cardiotocografico in continuo, la posizione litotomica, la mancanza di rispetto, ecc) e determinano il ricorso a pratiche che ulteriormente agggravano la situazione e costringono al ricorso del taglio cesareo, con l’infame colpevolizzazione delle vittime: mancato impegno presentata. Impedire l’espressione di competenza quindi nell’inficiare pesantemente la qualità aumenta l’insicurezza. Ma l’effetto più devastante è il senso di frustrazione, la mortificazione della donna e della persona che nasce che produce effetti negativi sul breve, medio e lungo periodo. Basterebbe solo pensare al sistematico impedimento del contatto pelle pelle immediato e prolungato e l’attacco al seno entro la mezz’ora, fattori protettivi dell’emorragia post partum (prima causa di morte materna) e determinanti l’avvio corretto e il proseguimento a lungo dell’allattamento al seno. Se la campagna #bastatacere ha fatto emergere nella consapevolezza delle donne come le consuetudinarie procedure ostetriche medicalizzanti sono a tutti gli effetti espressioni di violenza ostetrica e di non rispetto, la volontà di chiusura di Vipiteno, centro nascita simbolo nazionale della nascita rispettata, ha tutto il sapore di reazione violenta alla presa di coscienza delle donne. L’attacco alla competenza delle donne e delle persone che nascono è necessario per mantenere il controllo dei corpi e rendere le persone disponibili al comando, a partire dall’accettazione del latte artificiale e dell’alimentazione industriale contro l’auto svezzamento. E come faranno le società di neonatologia e di pediatria a organizzare convegni faraonici e corsi sponsorizzati dai produttori di latti artificiali con tanto di ECM (con responsabilità ministeriale evidente)? Chiudere Vipiteno è una vergogna nazionale e ricordo al sindaco di Vipiteno che lui è autorità sanitaria primaria e fa bene a opporsi alla chiusura per la tutela delle cittadine e dei cittadini che rappresenta. Che le donne prendano la parola, che occupino la scena pubblica e si trascinino tutti i cittadini per impedire questo immondo scempio. Si capisce perché non si dà corso alla formulazione delle linee guida nazionali sull’intera partum e il puerperio, prendendo esempio da quelle del NICE. Così si possono dire stupidaggini sulle questioni della sicurezza e sul perché la nascita non è rispettata. Al livello nazionale si deve pretendere l’attuazione operativa del ricettario ostetrico, delle linee di indirizzo per il rimborso del parto a domicilio (considerato più sicuro dal NICE) e per l’istituzione di case di maternità a conduzione autonoma delle ostetriche. Altro che sicurezza!
*) Michele Grandolfo è epidemiologo, già direttore di ricerca presso l’Istituto Superiore di Sanità italiano e direttore del Reparto Salute della Donna e dell’Età Evolutiva del CNESPS.
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