Nelle elezioni tenutesi lo scorso 27 settembre le elettrici e gli elettori catalani avevano assegnato una maggioranza sufficientemente ampia ai partiti e ai movimenti secessionisti, i quali si erano preposti di portare a compimento un processo di «sconnessione» dalla Spagna e di traghettare la Catalogna verso l’indipendenza statuale.
Poche settimane dopo tali elezioni, Junts pel Sí (coalizione elettorale indipendentista fra Convergència Democràtica de Catalunya, Esquerra Repubblicana e movimenti della società civile) e CUP (gli indipendentisti della sinistra radicale) avevano inoltre approvato in parlamento un’importante risoluzione atta a imboccare la via della «disobbedienza».
Da quel punto in poi, però, la CUP ha iniziato un gioco al rialzo, subordinando il proprio sostegno esterno ad un esecutivo di Junts pel Sí (JxS) a condizioni sempre più pesanti, scartando del resto ogni ipotesi di entrare a far parte della compagine di governo. Mentre in lunghe settimane di trattative JxS si è rivelata disposta ad accettare quasi tutte le richieste programmatiche provenienti dalla CUP, sin dall’inizio ha fatto intendere che non avrebbe accettato alcun aut-aut per quanto riguarda la composizione del governo, imprimis sul nominativo del futuro presidente. Una linea, questa, condivisa da tutte le singole componenti di JxS, in quanto un gruppo di 10 deputati come quella della CUP non doveva, secondo loro, influenzare in modo così diretto e perentorio le scelte di una coalizione forte di 62 scranni.
Se finora i bastoni nelle ruote del processo d’indipendenza erano sempre arrivati dall’esterno — dal governo centrale o dal tribunale costituzionale — ma né le istituzioni né le cittadine e i cittadini catalani se ne erano mai fatti impressionare, ora invece (e per la prima volta) il processo rischia di subire una fortissima battuta d’arresto proveniente dall’interno: non solo dalla Catalogna stessa, ma addirittura da un partito fortemente indipendentista come la CUP.
Qualche giorno fa, infatti, una consultazione degli iscritti in seno alla formazione della sinistra radicale aveva consegnato nelle mani degli organi esecutivi del partito un risultato a dir poco incredibile, con 1515 opinioni favorevoli e altrettante opinioni contrarie all’ultima proposta di JxS, che comprendeva il boccone amaro della reinvestitura di Artur Mas a presidente. Alla luce dell’inaspettato pareggio sembrava possibile una soluzione, ma oggi il consiglio politico della CUP ha deciso di rifiutare l’offerta che JxS ritiene — appunto — definitiva.
Se nei prossimi giorni non vi saranno svolte spettacolari, in grado di disincagliare la situazione, la Catalogna si avvierà verso nuove elezioni anticipate a marzo. E nessuno sa se mai si ripresenterà un’occasione talmente concreta per avviare il paese all’indipendenza.
Scrì na resposta