Scrive Sergio Rizzo sul Corriere della Sera di lunedì 20 luglio che le regioni e le province autonome produrrebbero
soprattutto privilegi, sperequazioni inaccettabili e anche enormi sprechi.
Il tutto viene esemplificato con i dati dei sistemi sanitari, quasi sempre più costosi nelle realtà autonome rispetto a quelle ordinarie. E qui, ancor prima di approfondire i dati forniti da Rizzo, casca l’asino: si dà il caso che ad esempio il Sudtirolo contribuisce in maniera sostanziale ai conti dello stato centrale e che tale contributo sia stato fissato tramite un recente accordo finanziario, a tutto svantaggio della nostra regione. Con il rimanente, almeno in linea di principio, Bolzano è libera di fare ciò che vuole — ovvero: anche risparmiando sul sistema sanitario il denaro eccedente non andrebbe in nessun caso a vantaggio delle casse romane — quelle sì, tra l’altro, oggetto di «sperequazioni inaccettabili» ed «enormi sprechi» — ma verrebbe semplicemente spostato su altri capitoli di spesa del bilancio provinciale.
(Scrive il giornale finanaziario tedesco Handelsblatt in un recentissimo articolo che «l’Italia è una Grecia in formato XXL» che negli ultimi sei mesi non solo non ha ridotto il debito nemmeno di un centesimo, ma lo ha ha fatto lievitare di ben 100 miliardi, «come tutto il pacchetto di salvataggio per la Grecia» attualmente in discussione.)
Se in Sudtirolo si decide di spendere qualche milione in più per la sanità invece di investire, ad esempio, in nuove strade, questa libertà decisionale fa parte del concetto di base di «autonomia», evidentemente invisa a Rizzo, che si appella ai
diritti fondamentali dei cittadini, che secondo la Costituzione devono essere uguali per tutti.
e addirittura allo «Stato unitario». E qui tocchiamo proprio il fondo: perché allora evidentemente in realtà non si tratta di risparmiare o di amministrare meglio, ma di evitare qualsiasi diversità fra le regioni perché
questo significa poter garantire ai propri cittadini servizi migliori rispetto ai comuni mortali residenti nelle Regioni ordinarie.
Vero. Ma ciò vale per gli ambiti in cui appunto le regioni e le province autonome decidono autonomamente di spendere di più, mentre è perfettamente possibile che in altri ambiti offrano servizi peggiori o tutt’al più qualche servizio in meno rispetto alle altre regioni; ammesso e non concesso che maggiori o minori costi si traducano automaticamente in servizi migliori o peggiori, mentre invece determinati costi potrebbero anche essere dovuti a fattori strutturali come le caratteristiche geografiche, il plurilinguismo, il livello salariale da adeguare al costo della vita e via discorrendo.
Ad ogni modo chi vuole eliminare queste potestà decisionali vuol ridurre le autonomie a dei meri teatrini (se non addirittura abolirle), senza vantaggi per nessuno e secondo la logica del livellamento sempre e comunque verso il basso.
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