Fondo del presidente catalano Artur Mas apparso ieri (15.11.2014) sul quotidiano francese «Le Figaro».
La Catalogna vuole scegliere il suo futuro.
Domenica scorsa i Catalani hanno partecipato ad una votazione molto speciale. Migliaia di persone hanno percorso lunghe distanze per arrivare ai seggi e molti di loro hanno fatto lunghe code, per molte ore, per depositare la loro scheda nelle urne. Alcuni hanno preso l’aereo e hanno attraversato continenti per poterlo fare. Circa 40.000 persone hanno consacrato tutta la giornata a gestire, in maniera volontaria e senza avere nulla in cambio, i 1.317 seggi. Al termine di tale giornata, 2,3 milioni di catalani avevano votato, una cifra praticamente uguale a quella delle ultime elezioni europee. Considerando che questa votazione non avrà alcuna conseguenza legale né amministrativa, per quale ragione tante persona hanno fatto uno sforzo come questo?
La risposta è molto semplice: perché noi catalani vogliamo decidere in piena libertà il nostro futuro politico. È sorprendente constatare che in pieno 21° secolo ci siano ancora dei popoli che debbano reclamarlo. Il governo spagnolo ha tentato di bloccare questa votazione fino all’ultimo momento appellandosi ad argomenti legislativi e giudiziari, senza voler comprendere che questo movimento ha un’origine politica che necessita, con tutta evidenza, una soluzione politica. Arroccarsi dietro alla Costituzione Spagnola, che non è stata votata da nessun cittadino nato dopo il 1960, dimostra un bassissimo coraggio politico. Vorrei sottolineare che né il governo catalano né i catalani hanno un qualsiasi problema con i cittadini spagnoli. Al contrario, sono convinto che una parte significativa dei cittadini spagnoli rispetti il diritto dei catalani di decidere il loro futuro.
Noi catalani non vogliamo nulla che non sia stato riconosciuto prima ad altri popoli. Gli scozzesi, i quebecchesi hanno goduto del riconoscimento del loro diritto a decidere il loro futuro politico. Ad ogni modo, hanno deciso di rimanere in seno ai loro Stati, e non c’è nulla da eccepire. In altri [luoghi], come in Lituania e Montenegro, le persone hanno deciso che l’ora di diventare indipendenti era arrivata. È la ragione per cui noi catalani vogliamo venir trattati allo stesso modo e che ci sia riconosciuto questo diritto naturale e universale. Noi catalani siamo diversi dai quebecchesi e dai lituani?
La nostra volontà di poter decidere il nostro futuro non ha niente a che vedere con il nazionalismo, come alcuni cercano di far sembrare. Su dieci catalani, sette hanno origini, vicine o lontane, fuori dalla Catalogna. La maggioranza dei catalani, dunque, ha parenti lontani o vicini provenienti da altre parti della Spagna, ma anche dalla Romania, dall’Italia o dal Marocco. Oppure dalla Francia. La lingua catalana, ancora oggi, è lingua minoritaria in Catalogna. Sarremmo degli irresponsabili se pretendessimo di costruire, su questa realtà , un progetto politico a carattere nazionalista. Il progetto politico sul quale vogliamo esprimerci è quello che ci permetterà di costruire un paese libero, integratore, fraternale, unito attorno a dei valori comuni nella sua diversità .
Un paese pienamente integrato in Europa. È la ragione per cui la nostra intenzione non è quella di erigere delle frontiere. Al contrario. Il catalanismo è stato, è e sarà un movimento profondamente europeista. Tutti i deputati catalani eletti nelle ultime elezioni europee sono europeisti. La minaccia euroscettica e populista è un fenomeno che non ha preso piede in Catalogna. Il nostro paese, se i suoi cittadini decideranno che sia indipendente, sarà sempre fedele alleato dell’Europa e dei valori che rappresenta. E questa è una cosa che chiunque conosca anche solo un poco questa terra sà bene.
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