Berlusconi è sconfitto, condannato, decaduto, la sua era sta inesorabilmente volgendo al termine. Considerando il berlusconismo strettamente legato al nome e alla persona del suo ispiratore si è portati a pensare che la sua disapparizione sia imminente, se non altro per ragioni biologiche. La realtà però è tutt’altra: il cosiddetto Cavaliere in vent’anni di invidiabile carriera politica, sponsorizzata dalla maggioranza degli italiani, è riuscito a iniettare il suo modo di pensare, di rapportarsi alla società e di disprezzare la cosa pubblica in una fetta sempre maggiore della popolazione e di riflesso in quasi tutta la «cultura» politica italiana.
L’attuale arco parlamentare ne è uno specchio, ché sin dalle ultime elezioni il berlusconismo è sia di maggioranza (PDL) che di opposizione (Fratelli d’Italia) — ma d’ora innanzi sarà anche di lotta (Forza Italia) e di governo (Nuovo Centrodestra).
E non è tutto: l’espugnazione del PD è una questione di poche settimane. Non che il PD fosse mai stato un baluardo contro il berlusconismo; con la sua incapacità di approvare una legge anche minima sul conflitto d’interessi, ad esempio, ha sempre fatto il gioco del Cavaliere. La probabile elezione di Renzi a segretario, però, sancirebbe definitivamente la svolta berlusconiana del cosiddetto centrosinistra. Non è un caso che il sindaco di Firenze sia stato apertamente sostenuto da Berlusconi durante le ultime primarie, e che lo stesso Cavaliere allora fosse giunto a dichiarare che una vittoria di Renzi su Pierluigi Bersani avrebbe reso superflua una sua ricandidatura. Quale miglior garanzia, infatti, di un personaggio come Renzi, che si ispira alla Coca Cola e alla Nutella, e con un programma sostanzialmente di destra, per l’affermazione totale, definitiva e bi-partisan del berlusconismo?
Aggiungiamo la presidenza del consiglio di Enrico Letta, nipote di Gianni, amico intimo e consigliere di Berlusconi, oltre alle connivenze e al sostegno di Napolitano, e il quadro che ne ricaviamo è abbastanza completo.
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