Negli ultimi giorni ha preso forza la proposta di organizzare a Bolzano un Gay Pride (o Christopher Street Day), incontrando aperture importanti da parte del sindaco Luigi Spagnolli (PD), del vicesindaco Klaus Ladinser (SVP) e del candidato Landeshauptmann Arno Kompatscher (SVP) — e alle quali, anche in nome di , mi sento di aggiungere un «Sì» forte e chiaro.
Dopo la nostra critica all’adunata degli Alpini, identificabili con la violenza militare e la sopraffazione (nonostante il loro impegno anche umanitario), il benvenuto all’iniziativa rivendicativa di una minoranza sociale ancora troppo spesso «sopraffatta» non è solamente logico, ma consente anche di ribadire e di provare la non-pregiudizialità nei confronti di ciò che proviene da e ci collega allo stivale. Ovvero: il rifiuto degli Alpini era rivolto agli Alpini (e a ciò che — volenti o nolenti — rappresentano), e non ‘agli italiani’, mentre il sostegno convinto delle istanze LGBT è un valore universale e assoluto.
Da parte nostra c’è la speranza che la festa, se (come speriamo) si svolgesse a Bolzano, possa trasformarsi da un avvenimento (‘solo’) trans-sessuale in un’occasione pure trans-culturale e trans-frontaliera. Vladimir Luxuria ha salutato l’eventuale organizzazione di un Gay Pride in Puglia e uno in Sudtirolo affermando che così si unirebbe l’Italia «dal tacco all’estremo nord». Sarebbe invece auspicabile una maggiore consapevolezza e solidarietà — bidirezionale — fra minoranze sessuali e linguistico-culturali; il ‘corsetto’ nazionale, infatti, alla pari di quello eterosessuale, ad alcuni può risultare troppo stretto.
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