È davvero sconcertante: Intervistato dal quotidiano A. Adige, Christian Tommasini, vicepresidente sudtirolese ed esponente di spicco del PD, definisce «irricevibile e semplicemente assurda» la proposta avanzata dalla camera di commercio (e da sempre invocata anche da ) di parificare le lingue italiana e tedesca nella tutela dei consumatori. Il PD, partner di coalizione dell’SVP sia in Sudtirolo che a livello statale, si appropria di argomentazioni sovrapponibili a quelle dei postfascisti oltranzisti alla Alessandro Urzì.
Anche per Tommasini, dunque, è normale e ovvio che ci sia una lingua di serie A (l’italiano) e una di serie B (il tedesco), in barba allo statuto di autonomia, che viene invocato a larga voce solo quando a venire «danneggiata» è la lingua italiana. Due pesi e due misure, perché non va bene che ciò che questo stato da decenni impone ai cittadini di lingua tedesca, ovvero etichette nella sola «lingua nazionale unica», possa venire equilibrato dalla possibilità di importare anche prodotti etichettati solo in lingua tedesca: evidentemente ci sono monolinguismi accettabili e altri no.
Attualmente, infatti, siamo nell’assurdissima situazione che sui prodotti etichettati solo in tedesco (madrelingua della maggioranza di cittadini) devono venire apposte etichette posticce in italiano, che — come dimostra il caso dei supermercati MPreis — spesso e volentieri per questioni di spazio vanno a coprire le informazioni in tedesco.
Questa è una situazione davvero ridicola e insostenibile per una terra bilingue, il che però — evidentemente — al PD, tanto votato (a parole) al plurilinguismo, non interessa. D’altronde, e lo avevamo già scritto, il PD non ha mai chiesto bilinguismo e scuole plurilingui a Cortina, Col e Fodom, dove vige il monolinguismo italiano. Le scuole bilingui le invocano solo qui, dove il modello predominante è quello della scuola tedesca. Quindi, per il PD come per Urzì sembra che il bilinguismo sia unicamente un escamotage per rafforzare la presenza dell’italiano, e non, come dovrebbe essere, per creare parità di diritti e una società più aperta.
Il rifiuto del PD, ovviamente, è ben più significativo di quello di Urzì, perché significa che, nonostante gli accordi elettorali, ben difficilmente ci si potrebbe aspettare un sostegno in parlamento. Forse è il caso che la SVP rifletta sull’opportunità di portarsi ancora in giunta un partner incapace di far suo lo spirito di eguaglianza, pari dignità e diritti di tutti i cittadini sudtirolesi.
Ancora una volta, se questi sono gli «amici dell’autonomia», i suoi nemici possono dormire sonni tranquilli.
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