Die Neue Südtiroler Tageszeitung (TAZ) gratuliert in ihrer heutigen Ausgabe Herrn Giulio Andreotti, italienischer Ministerpräsident a. D., zu seinem 90. Geburtstag. Dem »großen Freund Südtirols« [sowie zahlreicher Mafiabosse].
Bei politischen Vertretern des Nachbarlandes schauen wir halt gern mal großzügig weg. Wohl bekomm’s!
Aus Wikipedia:
Rapporti con la mafia
Andreotti è stato sottoposto a giudizio a Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Mentre la sentenza di primo grado, emessa il 23 ottobre 1999, lo aveva assolto perché il fatto non sussiste, la sentenza di appello, emessa il 2 maggio 2003, distinse il giudizio per i fatti fino al 1980 e quelli successivi, ha stabilito che Andreotti aveva «commesso» il «reato di partecipazione all’associazione per delinquere» (Cosa Nostra), «concretamente ravvisabile fino alla primavera 1980», reato però «estinto per prescrizione». Per i fatti successivi alla primavera del 1980 Andreotti è stato invece assolto.
L’ obiter dicta (parte di una sentenza che non “fa diritto”) della sentenza della Corte di Appello di Palermo del 2 maggio 2003, parla di «una autentica, stabile ed amichevole disponibilità dell’imputato verso i mafiosi fino alla primavera del 1980».
Interrogato dalla procura di Palermo il 19 maggio 1993, il sovraintendente capo della polizia Francesco Stramandino, dichiarò di aver assistito il 19 agosto 1985, in qualità di responsabile della sicurezza dell’allora ministro degli Esteri Andreotti, ad un incontro tra lo stesso politico e quello che solo successivamente sarà identificato come boss Andrea Manciaracina, all’epoca sorvegliato speciale e uomo di fiducia di Totò Riina.
Lo stesso Andreotti ammise in aula l’incontro con Manciaracina, spiegando che il colloquio ebbe a che fare con problemi relativi alla legislazione sulla pesca.
La sentenza di primo grado definì «inverosimile» la «ricostruzione dell’episodio offerta dall’imputato». Pur confermando che Andreotti incontrò uomini appartenenti a Cosa Nostra anche dopo la primavera del 1980, il tribunale stabilì che mancava «qualsiasi elemento che consentisse di ricostruire il contenuto del colloquio». La versione fornita dall’onorevole Andreotti, secondo il tribunale, potrebbe essere dovuta «al suo intento di non offuscare la propria immagine pubblica ammettendo di avere incontrato un soggetto strettamente collegato alla criminalità organizzata e di avere conferito con lui in modo assolutamente riservato».
Sia l’accusa sia la difesa presentarono ricorso in Cassazione, l’una contro la parte assolutiva, e l’altra per cercare di rifiutare la prescrizione e consentire di indagare a fondo (come potè fare solo il giudice di primo grado). Tuttavia la Corte di Cassazione il 15 ottobre 2004 rigettò la richiesta di poter rifiutare la prescrizione (possibile solo nel processo civile) confermando la prescrizione per qualsiasi ipotesi di reato prima del 1980 e l’assoluzione per il resto.
Nella motivazione della sentenza di appello confermata dalla cassazione si legge (a pagina 211):
»Quindi la sentenza impugnata, al di là delle sue affermazioni teoriche, ha ravvisato la partecipazione nel reato associativo non nei termini riduttivi di una mera disponibilità , ma in quelli più ampi e giuridicamente significativi di una concreta collaborazione.«
Se la sentenza definitiva fosse arrivata entro il 20 dicembre 2002 (termine per la prescrizione), Andreotti avrebbe potuto essere condannato in base all’articolo 416, cioè all’associazione “semplice”, poiché quella aggravata di stampo mafioso (416-bis) fu introdotta nel codice penale soltanto nel 1982, grazie ai relatori Virginio Rognoni (Dc) e Pio La Torre (Pci). Ancora oggi il dibattito sulla portata delle affermazioni è aperto soprattutto nella logicità del teorizzare una volontaria partecipazione al fenomeno mafioso sino ad una data certa. Stesso fenomeno la cui appartenenza è fuori discussione da una certa data (il 1980) in poi. C’è da specificare che gli ultimi governi Andreotti vararono (con la firma dello stesso Presidente) alcuni tra i più importanti strumenti legislativi proprio per contrastare il fenomeno mafioso (v. i decreti Andreotti-Martelli e Andreotti-Falcone).Ai fini di una valutazione più approfondita, anche sul piano storico, bisogna tenere presente che la Cassazione in più punti sottolinea le differenti ricostruzioni fornite dalla Corte d’Appello. In particolare in due passi della sentenza afferma:
“al termine di questo articolato excursus, il Collegio ritiene di dover riprendere l’osservazione iniziale: i giudici dei due gradi di merito sono pervenuti a soluzioni diverse; non rientra tra i compiti della Corte di Cassazione, come già reiteratamente precisato, operare una scelta tra le stesse perché tale valutazione richiede l’espletamento di attività non consentite in sede di legittimità ”
“La ricostruzione dei singoli episodi e la valutazione delle relative conseguenze è stata effettuata in base ad apprezzamenti e interpretazioni che possono anche non essere condivise e a cui sono contrapponibili altre dotate di uguale forza logica, ma che non sono mai manifestamente irrazionali e che, quindi, possono essere stigmatizzate nel merito, ma non in sede di legittimità .
La Cassazione, come risulta dai passi citati, afferma che rispetto a quella della Corte d’Appello sono possibili altre interpretazioni “dotate di uguale forza logica”, pur non potendo per questo cassare la sentenza d’appello in quanto ciò richiederebbe un giudizio di merito che è sottratto alle competenze della Suprema Corte, giudice della sola legittimità delle sentenze.
Quindi non avendo la possibilità di annullare la sentenza in appello la Cassazione ammette “molto forzatamente” un giudizio di “non assoluzione” per il reato prescritto di associazione mafiosa ( fino al 1980 ), come alcuni giornalisti fanno notare.
Cëla enghe: [Y]
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