Da me interrogato sui risultati del sondaggio Apollis, e più in generale sull’indipendenza, il presidente del Consiglio provinciale Riccardo Dello Sbarba mi ha risposto, non senza una certa sufficienza, che lui pensa a come farli scomparire, i confini statali (e non a come spostarli). È certamente un’affermazione ad effetto, un bell’effetto, che idealmente mi vede d’accordo. Ma io mi chiedo: realisticamente, nei fatti, che cosa può significare l’abolizione dei confini? Ovviamente, mi piacerebbe una spiegazione di chi quest’abolizione la propone. Ma cosa può immaginare Dello Sbarba? Il superamento di tutti i confini all’interno dell’Unione Europea? Ma allora, come la si governa? Immagina, Dello Sbarba (e chi la pensa come lui), un grande, uniforme colosso europeo, organizzato in modo centrale, e che non distingua tra un lappone ed una siciliana? Mi sembra difficile, e comunque nemmeno tanto auspicabile. Es gibt nichts Ungerechteres, als Ungleiches gleich zu behandeln.
La posizione di Dello Sbarba mi ricorda quella, francamente molto superficiale, espressa poco tempo fa dai Young Greens: «Noi siamo europei, non sudtirolesi.»
Io, quando penso al ridisegno dei confini, mi riferisco a quello che abbiamo chiamato border blurring. A dei confini i più attenti possibili alle realtà sociali. Un Sudtirolo indipendente dagli stati nazionali (ma perché i confini degli stati nazionali non disturbano?), con un confine amministrativo nuovo e non ispirato alle logiche etniche o nazionali. Che ci permetta di trovare qui le soluzioni ai problemi che abbiamo qui, in una terra plurilingue, così difficilmente comprensibile e governabile da Roma o da Vienna. Un confine debole, permeabile alle idee e alle persone. Inoltre, un confine esterno dell’Unione che dia sicurezza a chi cerca rifugio, e che accolga chi si trova in difficoltà. E, soprattutto, una sovrapposizione di confini diversi, che non combacino mai, tra quelli statali, linguistici, culturali o di collaborazioni transfrontaliere sempre nuove. Un concetto elastico di confine, un suo sfocamento. Per raggiungere questo traguardo, non serve riposarsi sugli allori dell’autonomia, e nemmeno sperare nella scomparsa dei confini in generale, che sicuramente non potrà avvenire nei prossimi secoli. Invece, mi sembra molto più utile partecipare attivamente alla loro ridefinizione, un ruolo al quale il Sudtirolo può ambire. E l’emancipazione dagli stati nazionali non può che essere il primo passo.
Lo sfocamento dei confini, a seconda delle necessità e della volontà delle persone, mi sembra una cosa intelligente e fattibile. Ma i confini elastici esistono (si adattano, ma non si aboliscono) e non debbono essere immutevoli.
Nel Liechtenstein le ferrovie sono quelle austriache, ma si paga col Franco Svizzero. Ad Andorra, prima dell’Euro, si pagava con Pesetas e Franchi Francesi. A Campione, la posta è italiana, le targhe delle automobili ed i telefoni sono svizzeri.
N.B.: Queste riflessioni non modificano la mia Wahlempfehlung per i Verdi, che a mio avviso, nonostante tutto, per ora offrono la prospettiva migliore per un Sudtirolo plurilingue ed indiviso. E dei giovani candidati davvero strepitosi.
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