Undici anni sono passati da quando le forze del disordine, con almeno 400 uomini, nella notte del 21 luglio 2001 irruppero alle scuole Diaz di Genova malmenando 92 donne e uomini innocenti sorpresi nel sonno, in quella che fu un’azione degna di uno stato di polizia. Non a caso Amnesty International la definì “la più grave sospensione dei diritti civili dalla seconda guerra mondiale”. Addirittura, gli agenti introdussero nell’edificio armi e bottiglie molotov per fare finta di averle trovate addosso alle vittime — un modo perfido per giustificare le proprie premeditate violenze.
Undici anni, durante i quali le vittime non hanno avuto la minima soddisfazione ufficiale — giudiziaria, morale o politica — né tantomeno un risarcimento da parte dello stato. Anzi, fin da subito i membri del governo allora in carica, pur non essendo presenti all’ora dei fatti, presero le difese degli aggressori e trattarono le vittime alla stregua di pericolosi criminali. Le richieste di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta furono sempre rigettate.
Dopo più di una decade dunque la cassazione ha confermato le condanne espresse in secondo grado, decapitando i vertici della polizia — un periodo lunghissimo durante il quale i colpevoli, sui quali gravavano sospetti insopportabili, hanno potuto continuare a dirigere le forze dell’ordine di un intero paese, venendo addirittura promossi ad incarichi di maggiore responsabilità .
Adesso sarebbe ora che anche chi da parte politica, come Gianfranco Fini, all’epoca espresse la propria fiducia incondizionata nei confronti della polizia ed insultò i ragazzi delle Diaz, traesse le giuste conclusioni dal suo increscioso comportamento.
Scrì na resposta