Qualche settimana fa si è verificato l’avvicendamento fra il prefetto Fulvio Testi e il suo successore, Valerio Valenti, in quella che è la carica più pesante, in quanto a competenze e a responsabilità, disponibile in Sudtirolo. Il prefetto — espressione di una concezione centralistica dello stato — si occupa, ad esempio, della pubblica sicurezza, della lotta alle dipendenze e dell’integrazione degli immigrati. La carica non solo non è sottoposta al vaglio democratico, ma viene sistematicamente assegnata a persone che non conoscono la realtà locale.
Tra i moltissimi compiti del prefetto c’è anche quello, sensibilissimo in una terra come la nostra, di vegliare sul rispetto del bilinguismo. Questa competenza, in altre regioni simili, è attribuita ai governi regionali (in Catalogna, nei Paesi Baschi o nel Galles/Wales), che dispongono di conoscenze più approfondite della situazione e sono sottoposti al controllo dei cittadini direttamente interessati. In Sudtirolo, invece, se ne occupa una persona che non è nemmeno obbligata a padroneggare le lingue che dovrebbe tutelare, e infatti regolarmente le ignora. Non è un caso dunque che da arbitro imparziale si trasformi spesso in difensore unilaterale delle prerogative dello stato nazionale. Fulvio Testi, ad esempio, si è distinto nella questione della toponomastica di montagna, ma ha latitato in casi almeno altrettanto gravi (foss’anche solo perché commessi dalle pubbliche amministrazioni o perché riguardanti la salute dei cittadini) come il rispetto del bilinguismo da parte della società autostradale, i foglietti illustrativi dei medicinali e addirittura le campagne informative degli stessi uffici a lui sottoposti. Le missive di , inviategli con la preghiera di intervenire, sono rimaste senza una risposta, anche solo di cortesia.
Speriamo che il suo successore sappia esercitare il suo ruolo con maggiore imparzialità — anche se doversi affidare alla speranza, in uno stato di diritto, è cosa triste.
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