Gli italiani [sono] venuti qui dopo la prima guerra mondiale, cercando di riportare questi territori geograficamente italiani ma anche idealmente e fisiologicamente italiani, in quanto a popolazione, perché i ladini venivano considerati fratelli che dovevano essere in qualche modo raggiunti e ricollegati alla struttura degli italiani perché, credete a me, anche ai tempi dell’Austria il ladino era un dialetto italiano, in quelle zone veniva insegnato l’italiano, quindi il ladino non era considerata una lingua e tuttora ho i miei dubbi che possa considerarsi pienamente una lingua. Lo chiamo idioma. C’è di peggio in Italia: il bergamasco, il sardo, l’abruzzese, tutti dialetti che se parlati in maniera stretta sono incomprensibili persino ai vicini a 30 km di distanza. Ma questo è un problema italiano, e gli italiani se lo devono risolvere da sé non con una legge provinciale di Bolzano.
Prof. Carlo Alberto Mastrelli (presidente dell’Istituto di Studi per l’Alto Adige, Firenze, già vicepresidente dell’Accademia della Crusca, professore emerito presso la facoltà di lettere dell’Università di Firenze) invitato come «esperto» (sic); affermazioni fatte durante l’udienza in commissione toponomastica presso il Landtag, che ripropongono argomentazioni degne del Tolomei. Tratto dai verbali ufficiali della dieta sudtirolese.
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