Il Sudtirolo è stato oggetto di un «lungo processo di germanizzazione» subito dopo il crollo dell’Impero romano d’Occidente. Il suo territorio «è stato incluso nella Contea del Tirolo per oltre 5 secoli per poi passare in gran parte sotto il Regno di Baviera tra il 1806 e il 1918», e quindi durante la prima guerra mondiale, alla fine della quale «torna» in mano all’Italia, il Sudtirolo faceva parte… della Baviera.
Sono solo alcune delle novità — e falsità — del tutto «meravigliose» che apprendiamo navigando su Italia.it, ancora una volta al centro di uno scandalo per via della campagna Open to meraviglia, presentata pochi giorni fa dal governo «della Nazione» che tra l’altro vorrebbe vietare gli inglesismi (di cui anche il video di presentazione, ufficialmente ritirato, è zeppo); e più concretamente dalla ministra del turismo Daniela Santanchè (FdI), orgogliosamente fascista, il cui dicastero è anche riuscito a farsi sfuggire il relativo dominio internet.
La sezione in lingua tedesca del sito intanto è stata completamente eliminata, in fretta e furia, per via delle imbarazzanti traduzioni dei nomi delle città: Garderobe per Camerino, Stillstand per Fermo o Kokosnussschneider per Tagliacozzo. E quindi uno dei mercati esteri più importanti è rimasto orfano di una versione nella sua lingua (tuttavia manca anche una versione in francese).
Ma non è da meno tutto il resto.
Per quanto riguarda il Sudtirolo, ad esempio, apprendiamo che nella «meravigliosa Val Gardena si susseguono gli splendidi borghi» di Kastelruth, Seis, Völs e Tiers (che lì cercheremo invano), mentre per sciare il «punto di riferimento deve essere il Dolomiti Superski con oltre 1.200 chilometri di piste suddivise in 12 diverse zone sciistiche» (ma sono 15), inclusa «l’area di Plan de Corones con 8 impianti da provare» (ma sono 32).
Per chi è in cerca «di luoghi insoliti» e «lontani dalle rotte più turistiche» il sito consiglia addirittura «l’area escursionistica di Obereggen» con «oltre 48 chilometri di piste», mentre «per una pausa dallo sci» ci si può recare ai Giardini di Castel Trauttmansdorff — che da metà novembre a fine marzo sono chiusi.
Sorprendente anche la famosa «regione dolomitica Tre Zinnen».
La gastronomia
Impossibile resistere davanti ai prodotti tipici del Sudtirolo: «Dai deliziosi brezel ai gustosi bratwurst, la cucina del territorio presenta ancora oggi le influenze» del «dominio germanico».
Invece «se amate il formaggio dovete assaggiare il Fontal», questa tipica specialità sudtirolese.
Città e borghi
Scopriamo poi che Bolzano è il capoluogo della regione Trentino-Sudtirolo (ruolo che però ufficialmente spetta a Trento), e che lo scontro tra i vescovi di Trento e i conti di Tirolo nel medioevo vide «la sua fine con l’arrivo degli Asburgo» — e dove arrivarono? — «in Italia». Infine, «merita una visita» anche l’immancabile «Monumento alla Vittoria, una controversa opera marmorea» voluta «da Mussolini dopo l’occupazione italiana» e «in ricordo della vittoria contro l’impero austro ungarico».
A Meran torniamo ai Giardini di Castel Trauttmansdorff, con «ben 80 varietà di piante», pochine. Mentre nella Torre della Memoria di Castel Tirolo troviamo «una mostra permanente sulla storia dell’Alto Adige e del Sud Tirolo». Zone contigue.
Nel capoluogo pusterese, Bruneck, troviamo «il lanificio Muessmer». E per quanto invece riguarda Sterzing, «non tutti sanno» che la cittadina «ha origini romane», e infatti è una balla inventata da Ettore Tolomei. In cambio in questo luogo della Valle Isarco (Wipptal) si trova: «l’ottimo speck trentino».
Sapore amaro
Insomma, anche senza navigare tutte le pagine dedicate al Sudtirolo, ci si accorge presto che sono un’accozzaglia di strafalcioni più o meno grossolani. Nel caso specifico poi hanno anche il «pregio» di aumentare la confusione e propagare la disinformazione sulla storia di questa terra e quindi sulle rivendicazioni autonomistiche — sulle quali in Italia già l’ignoranza regna sovrana.
Se da un lato non sono tra quelli che pensano che il Sudtirolo debba continuamente spiegarsi e giustificarsi, dall’altro trovo vergognoso (e al contempo illuminante) che nel 21° secolo un ente pubblico come l’Enit continui a diffondere falsità storiche «colonialistiche» di questa entità.
Sarà forse più facile che anche i sudtirolesi prima o poi accettino la mistificazione secondo cui siamo tutti italiani, inconsapevolmente — o brutalmente — germanizzati, che devono solo tornare alle loro origini culturali.
Open to Masochismo
Il sito opentomeraviglia.it, il cui dominio il ministero s’è fatto sfuggire
Più in generale, personalmente trovo che la campagna con la Venere influencer (attenti all’inglesismo) sarebbe di un’oscenità e «bruttezza» imbarazzante anche senza gli incredibili errori nei contenuti, che ne sono solo il logico completamento.
Che poi gli autori — l’agenzia Armando Testa — abbiano anche il coraggio di sfoderare il sempiterno «purché se ne parli» è veramente il massimo. Qui non solo si sperperano soldi pubblici, ma lo si fa abusando della fiducia di chi si affida alle informazioni che trova su un sito pubblico; e se anche si contribuisce a diffondere «il marchio» (ma l’Italia non dovrebbe essere un «marchio» bisognoso di diffusione) al contempo si conferma, anche e soprattutto all’estero, il giudizio sugli italiani casinisti, caotici e incapaci.
Per chi da cittadino, accademico, professionista o azienda all’estero — volente o nolente — viene identificato con questo paese è l’ennesimo schiaffo alla reputazione.
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