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  • Dorfmann trat eigenen Weg-an.
    Quotation

    Politik sollte dafür sorgen, dass Konsumentinnen und Konsumenten ordentlich informiert werden. Wer einen Veggie-Burger kauft, weiß genau, was er bekommt. Und wer ein normales Fleischprodukt möchte, wird wohl kaum in die Irre geführt plötzlich ein Veggie-Produkt daheim zu haben. Das sollte man den Menschen durchaus zutrauen. Anders ist es, wenn ein Produkt etwa „Hühnchen” heißt, aber vegetarisch oder vegan ist – das ist dann tatsächlich irreführend, weil ein Mix aus Sojaschoten und Erbsen nun mal kein Hühnchen ist.

    – Herbert Dorfmann in der Tageszeitung vom 14. Oktober 2025

    Konservative und Rechte im Europäischen Parlament sind bekanntlich dem von ihnen selbst gescholtenen Regulierungswahn verfallen und treiben die Verbotsgesellschaft voran. Erfreulicherweise machte der Südtiroler Abgeordnete Herbert Dorfmann (SVP) bei der schwachsinnigen Aktion um Burger, Wurst und Schnitzel nicht mit und stimmte laut Tageszeitung als einziger (!) aus der gesamten EVP-Fraktion gegen den Antrag. Dorfmann lieferte dafür eine differenzierte und schlüssige Begründung, die eigentlich Common Sense sein sollte. Einem zuvor eingebrachten Antrag der Liberalen nach Verbot von tatsächlich irreführenden Bezeichnungen wie “Rinderfilet vegan” oder “Veganes Hühnchen” hatte er noch zugestimmt. Dieser vernünftige Antrag habe jedoch keine Mehrheit gefunden. Dorfmann, der in Umweltfragen oder auch im Umgang mit Oppression und Minderheitenschutz diese Differenziertheit in der Vergangenheit leider oft vermissen ließ, hat hier Rückgrat gezeigt.

    Nachtrag vom 17. Oktober 2025: Dass Dorfmann, wie die Tageszeitung behauptet, der einzige aus der EVP-Fraktion gewesen sei, der gegen das Verbot gestimmt habe, sind offenbar Fake News. Ich habe jetzt den Roll-Call auf der Seite des Europäischen Parlaments herausgesucht, aus dem hervorgeht, dass 51 weitere Abgeordnete der EVP-Fraktion ausgeschert sind. Und sechs EVP-Abgeordnete haben sich der Stimme enthalten.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 05



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  • La troppa democrazia secondo Bianchi.

    Solo poche settimane fa, l’assessore provinciale Christian Bianchi (FI) aveva auspicato una soluzione di tipo corporatistico per quanto riguarda l’elezione e la composizione della Dieta sudtirolese, con l’obiettivo di togliere ai cittadini di lingua italiana il diritto di farsi rappresentare da consiglieri di altra madrelingua.

    Giovedì scorso (9 ottobre), in occasione del dibattito sul disegno di legge sulla democrazia diretta e sulla partecipazione (n. 6/23), lo stesso Bianchi ha preso la parola nel consesso provinciale per insinuare che vi sia, addirittura, un eccesso di democrazia e di diritti fondamentali:

    Intervengo su questo tema, e avrei voluto farlo con dei toni diversi e degli argomenti diversi, se non che qualche minuto fa un giornalista mi ha inviato una notizia che mi ha fatto porre una domanda: ma noi abbiamo bisogno di più democrazia o forse abbiamo bisogno di regolamentare meglio quella che abbiamo? Allora, noi abbiamo bisogno di più democrazia? Forse sì, se fossimo in un ambiente normale, dove tutti i cittadini potrebbero partecipare in senso democatico alla discussione del futuro di questa terra. Ma quando cinque minuti fa i giornalisti mi mandano l’ennesima provocazione di Süd-Tiroler Freiheit, dove [rivolto ai consiglieri di STF] oggi con l’intelligenza artificiale pubblicate che il cippo del Brennero viene tolto con le catene e viene asportato, con l’ennesima volta la frase «il Sudtirolo non sarà mai Italia», io domando se qua in questa terra serva ancora più democrazia o se quella che abbiamo forse sia già troppa, nel senso che qua c’è la libertà di dire tutto quello che si vuole, senza aver nessun tipo di responsabilità, senza aver nessun tipo di conseguenza.

    – Christian Bianchi

    Trascrizione mia

    Un membro di governo e alleato dell’SVP, dunque, ritiene che un’immagine creata con l’intelligenza artificiale, che simbolicamente pone il problema del confine tra Tirolo meridionale e Tirolo settentrionale, oltrepassi ciò che la libertà di espressione e la democrazia dovrebbero consentire. Una questione sulla quale si può essere d’accordo o meno, ma che non è certo antidemocratica — antidemocratico è, semmai, imporre confini senza coinvolgere la popolazione interessata —, posta con modalità pur discutibili, è sufficiente a far riflettere Bianchi sulla necessità di contromisure e limitazioni che a questo punto possono essere solo autoritarie.

    Personalmente, di giorno in giorno trovo sempre più sconvolgente ciò che i membri di destra-destra di questo Governo provinciale si permettono di dichiarare con il beneplacito o con il silenzio-assenso del partito di maggioranza.

    Nel corso del suo intervento, Bianchi ha poi ricordato alcuni dei principali referendum celebrati a livello statale negli ultimi decenni. Senza nemmeno accorgersi, forse, che alcuni dei temi oggi del tutto pacifici come l’aborto o il divorzio, ma anche il ridimensionamento del parlamento, riguardavano tematiche di rango costituzionale e spesso erano del tutto controversi, come quello posto da STF.

    Chi non sopporta discussioni e opinioni divergenti dalle proprie su temi anche scomodi, finché queste non contrastano con l’ordinamento democratico e i diritti fondamentali, ma ipotizza interventi autoritari, non può certo dirsi democratico.

    Che toni come questi provengano da un partito di governo, li rende particolarmente preoccupanti.

    Cëla enghe: 01 02 03 | 04 05 06 | 07



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  • Autonomia finanziaria senza autonomia tributaria.
    Regole d'acciaio su vasi di terracotta.

    Vorrei qui tornare ancora una volta sulla tavola rotonda (Autonomia o stato?) tenutasi all’Eurac circa un mese fa, per riproporre alcune affermazioni fatte dalla ricercatrice Alice Valdesalici di Eurac Research circa la dotazione finanziaria dell’autonomia.

    In quell’occasione Valdesalici ha fatto notare che il Sudtirolo gode di un’autonomia finanziaria «forte» solo sul versante della spesa, mentre la «autonomia finanziaria di entrata, quindi l’autonomia della Provincia di decidere la propria dotazione finanziaria» è «molto meno sviluppata», trattandosi di «un sistema di finanza derivata». Una certa garanzia verrebbe sì da percentuali definite dallo statuto di autonomia, modificabili con accordi bilaterali, ma il problema è che si tratta pur sempre di una «partecipazione a gettito tributario di tributi istituiti e disciplinati in toto dallo stato centrale».

    Rimane che — mi piace prendere in prestito una metafora del professor [Giandomenico] Falcon in occasione della sua presidenza della Consulta trentina per la riforma dello statuto — si tratta di regole di acciaio che posano un po’ su vasi di terracotta.

    – Alice Valdesalici

    Trascrizione mia

    Al Sudtirolo quindi manca l’autonomia tributaria, cioè «la possibilità di decidere attraverso l’esercizio di potestà legislativa sulle proprie risorse in maniera diretta».

    È interessante perché invece il caso spagnolo per esempio ci presenta dei casi in cui [con] i famosi tributi ceduti si cede una quota di gettito e al tempo stesso le Comunità autonome hanno la potestà legislativa sui tributi. Ma pensiamo anche al caso tedesco, in cui anche lì troviamo la partecipazione al gettito tributario dei tributi statali, ma alla fine i Länder in qualche modo possono dire la loro su eventuali variazioni della… non so… dell’IVA. Come? Attraverso il Bundesrat, camera federale e nella quale siedono gli esecutivi dei Länder e che deve approvare tutte le eventuali modifiche di leggi federali che incidono in qualche modo sulla dotazione finanziaria.

    – Alice Valdesalici

    Trascrizione mia

    Secondo la ricercatrice, questo sarebbe «un aspetto importante» da affrontare «in un’ottica di manutenzione costituzionale» per quanto riguarda lo statuto di autonomia. Tuttavia non sarebbe stato possibile affrontarlo con l’attuale riforma, «perché il titolo dedicato alla finanza si modifica attraverso una procedura diversa» con «un testo su cui si accordano bilateralmente lo stato e le due province autonome».

    Cëla enghe: 01 02 | 03 04 05



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  • Commercio e ristorazione:
    Barcellona fa rispettare i diritti linguistici.

    La Città di Barcellona ha deciso di comunicare meglio alle imprese attive sul suo territorio comunale i dettagli della legislazione linguistica vigente. Al contempo verrà intensificata l’attività ispettiva e sanzionatoria, in modo da garantire al meglio i diritti delle persone catalanofone nei negozi e nei ristoranti.

    Questo è ciò che recentemente ha annunciato l’incaricata alla promozione dell’Uso sociale del Catalano del Governo municipale, Marta Salicrú, figura appositamente istituita negli ultimi mesi dal Sindaco Jaume Collboni (PSC). In riferimento ad alcuni casi in cui a dei clienti sarebbe stato rifiutato l’uso della lingua catalana, ha ribadito l’importanza di far rispettare il Codice catalano del consumo, che definisce anche i diritti linguistici della clientela.

    In Sudtirolo, purtroppo, i clienti di lingua tedesca e ladina non hanno praticamente alcun diritto linguistico nei confronti di aziende che operano nel settore privato, ivi incluso il commercio e la ristorazione.

    Nella capitale catalana, chi aprirà un’attività, in futuro verrà informato con chiarezza dal Comune di tutti gli obblighi linguistici da rispettare e dei diritti che ne conseguono per la clientela, in modo da prevenire situazioni discriminatorie. Inoltre, Salicrú ha annunciato di volersi incontrare, entro breve, con i rappresentanti di categoria per concordare strategie che aiutino a contrastare e ribaltare la regressione della lingua catalana particolarmente negli ambiti gastronomico e ricettivo.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 05 06 07 08 09 10 11



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  • Richtpreisverzeichnis: BOL steht für Südtirol.

    Das Land veröffentlicht in der Regel (mindestens) einmal im Jahr ein aktualisiertes Verzeichnis, das die wichtigsten mit Bauarbeiten in Verbindung stehenden Leistungen sowie die jeweiligen Richtpreise dafür enthält. Obwohl es hauptsächlich für öffentliche Bauvorhaben gedacht ist, wird es sehr häufig — standardmäßig — auch für private Arbeiten herangezogen.

    Mit dem Richtpreisverzeichnis (RPV) für das Jahr 2024 wurden mehrere Neuerungen eingeführt, die in dessen Einleitung — in inzwischen gewohnt holprigem Deutsch — beschrieben sind. Ein Indiz, welches hier die Ausgangssprache war, gibt vielleicht die oben rechts sichtbare, für das Land eigentlich unübliche Reihung der Sprachen (bzw. der Flaggen, die für die zwei großen Landessprachen stehen):

    Offizielle Website (Ausschnitt)

    Eine ladinische Sprachversion der Richtpreisverzeichnisse gibt es nicht. Auch Gemeinden und andere Körperschaften Ladiniens sind also nahezu gezwungen, ihre Ausschreibungen auf Deutsch und/oder Italienisch zu machen.

    Mit dem Verzeichnis von 2024 wurde nach Jahrzehnten die im deutschen Sprachraum übliche, sinnvolle Unterscheidung zwischen — grob gesagt — oberirdischen Hochbauarbeiten und unterirdischen Tiefbauarbeiten (Infrastrukturen etc.) beendet und die beiden Kapitel miteinander fusioniert. Damit wurde die wohl wichtigste Besonderheit des Südtiroler Richtpreisverzeichnisses im Vergleich mit denen des Trentino und der italienischen Regionen einfach abgeschafft — einer von vielen kleinen nicht nur sprachlichen Schritten in Richtung Homogenisierung mit dem restlichen Staatsgebiet, die inzwischen auf so vielen Ebenen und in vielen unbedeutend scheinenden Bereichen gesetzt werden.

    Eine weitere Änderung, die 2024 vorgenommen wurde und seitdem gilt, ist die Einführung eines Präfixes, das jeder einzelnen sogenannten Positionsnummer vorangestellt wird. Es beinhaltet die Information darüber, welchem Richtpreisverzeichnis die Position entnommen wurde.

    Der Code, mit dem die Beschreibung einer jeden Leistung versehen ist, wird hierbei um eine Komponente ergänzt, die für Ort (Südtirol) und Jahr (z.B. 2024) steht.

    Das sieht dann zum Beispiel so aus:

    Online-RPV-Applikation (Ausschnitt)

    Erstaunlich ist, mit welcher Selbstverständlichkeit in der Einleitung (s. oben) ungeniert beschrieben wird, dass »BOL« für Südtirol stehen soll:

    Es wurde ein Präfix BOL24_, eingeführt der [sic] darauf hinweist, dass die Position aus dem Richtpreisverzeichnis 2024 (24) der Provinz Bozen stammt (BOL).

    Einleitung Richtpreisverzeichnis 2024 (Auszug)

    Für das Land Südtirol bzw. die »Autonome Provinz Bozen – Südtirol« wurde also das Kürzel »BOL« gewählt, das zwar im Italienischen (für Bolzano), aber in keiner der beiden Minderheitensprachen (für Bozen bzw. Bulsan/Balsan) funktioniert. Sowohl BOZ als auch BZN hätten zumindest für Deutsch und Italienisch gepasst. Das gewählte BOL ist hingegen, als hätte man als Landeskürzel für das Kfz-Kennzeichen nicht BZ, sondern BL gewählt.

    In einem mehrsprachigen Land, wo Deutsch und Italienisch gleichberechtigt sind, sollte so etwas eigentlich ein No-Go sein und wäre es noch bis vor wenigen Jahren vermutlich auch gewesen.

    Dazu passt aber, dass es auch in der neuen Online-App zur Einsicht in das RPV an allen Ecken und Enden mit der deutschen Sprache hapert. Zwei Beispiele:

    Online-RPV-Applikation (Ausschnitt) – Hervorhebung von mir

    Online-RPV-Applikation (Ausschnitt)

    Cëla enghe: 01 02 03 04 05 06 07



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  • Putins Ballett kommt nach Bozen.


    Ungeniert pro Putin agieren das Cineforum und das Bozner Stadttheater

    Zwei kulturelle Institutionen in Bozen haben keine Berührungsängste mit der russischen Regimekunst. Das Cineforum zeigt höchst umstrittene russische Propaganda, mit Steuergeldern.

    Jetzt zieht das Bozner Stadttheater nach. Am 4. Jänner 2026 gastiert das Staatliche Russische Ballett Moskau, mit dem Nussknacker in Bozen. Ein kulturelles Weltphänomen, schwärmt Russia Beyond, eine Seite des Senders Russia Today, der ungeschminkt und ungeschönt heftige Putin-Propaganda betreibt.

    Das offizielle Russland, sein offizieller Kulturbetrieb sowie seine Medien dienen dem Kriegspräsidenten Wladimir Putin. Westliche Kulturinstitutionen kümmert das meist wenig bis gar nicht. So konnte im Sommer Anna Netrebko in Deutschland auftreten, das singende Aushängeschild Putin-Russlands. Dagegen gab es Proteste, die Auftritte wurden aber nicht gestört. Im nächsten Jahr gastiert Netrebko an der Wiener Staatsoper, in Paris und in Essen.

    Netrebko unterstützt Putin, unterzeichnete 2012 eine Petition für seine Wiederkandidatur, trotz seiner brutalen Kriege in Tschetschenien und Georgien, zeigte sich mit den pro-russischen Donbas-Milizionären. Netrebko, eine singende Leni Riefenstahl für Präsident Putin.

    Ähnlich agiert die Ballettszene. Nur eine überschaubare Zahl wagte es 2022, gegen den russischen Einmarsch in die Ukraine zu protestieren. Die große Mehrheit der Ballettszene steht treu an der Seite Putins. Die Süddeutsche Zeitung befand 2022, der kleinen Gruppe der Protestierer

    steht ein Lager schweigender Kollegen und Kolleginnen gegenüber, die entweder abgetaucht sind oder durch Likes unter Anna Netrebkos Posts deutlich machen, auf welcher Seite sie stehen. So verhält es sich mit der Grande Dame des Bolschoi-Balletts, Svetlana Zakharova, die auch schon in der Duma saß und insofern fraglos zu Putins getreuesten Anhängerinnen gezählt werden darf. Auch Sergei Polunin, der mehrfach auf der Bühne des Münchner Nationaltheaters stand und ein Putin-Tattoo auf der Brust trägt, hat bislang keinen Ton von sich gegeben.

    – Süddeutsche Zeitung

    Wie verhält sich das Staatliche Russische Ballett Moskau? Es ist staatlich finanziert, also ein Kulturorgan des Putin-Staates. Das »freundliche Antlitz« eines mafiösen, mega-nationalistischen, kriegsführenden Staates. Waleri Gergijew, Stardirigent und inniger Freund des russischen Kriegspräsidenten, war immer wieder an der Seite dieses Balletts. Gergijew zählt zu den Hardcore-Fans von Putin.

    Nicht nur ukrainische Flüchtlinge protestieren gegen die Auftritte der — zweifelsohne hochwertigen — russischen Stars Netrebko und Gergijew, auch Flüchtlinge aus Russland. Die Reaktion der westlichen Putin-Versteher in den Kulturinstitutionen, Kunst darf nicht bestraft werden.

    Eine solche Kulturinstitution ist nun auch das Bozner Stadttheater. Ausgerechnet das russische Staatsballett erhält ein Forum, eines der kulturellen Aushängeschilder des Putin-Staates. Das Bozner Stadttheater wird öffentlich gefördert, von der Gemeinde Bozen und dem Land. Im vergangenen Jahr waren es mehr als 700.000 Euro.

    Auch die eingangs zitierte Institution, das Cineforum, kassierte zwischen 2003 und 2024 eine Million Euro vom Land und weitere 100.000 Euro von der Gemeinde Bozen.  

    Die vom Cineforum aufgeführten Streifen beschrieb Simon als eine Ohrfeige für die ukrainischen Flüchtlinge in Bozen.

    Auf Kritik reagieren die Verantwortlichen und Freunde des Cineforums arrogant und untergriffig, sehen sich als Verteidiger der Meinungsfreiheit. Die Gastgeber des Staatlichen Russisches Balletts werden ähnlich argumentieren.

    Warum werden nicht aus Russland geflüchtete Künstler:innen eingeladen? Das Gegenteil ist der Fall, sie werden kaum unterstützt, trotz ihrer Flucht aus dem Land der Repression. Erbarmungslos geht das Putin-Regime, im Westen heißen die Freunde Matteo Salvini, Herbert Kickl, Sahra Wagenknecht, Tino Chrupalla, Viktor Orbán, Robert Fico, Andrej Babis und noch viele mehr, gegen die Künstler:innen vor.

    Sie werden von unseren Kulturinstitutionen im Stich gelassen. Die vielen aus Russland geflohenen Literat:innen, Musiker:innen, Filmemacher:innen, Maler:innen und Tänzer:innen — aus Protest gegen den russischen Krieg gegen die Ukraine — verdienen westliche Solidarität, also Auftrittsmöglichkeiten jeder Art. Nicht das Staatliche Russische Ballett, nicht Dirigent Gergijew, nicht Sängerin Netrebko.

    Und nicht der Westen cancelt die russische Kultur, sondern der russische Staat, so ähnlich formulierte es der Moskauer Konzeptualist Vadim Zakharov. Das sollten »Institutionen« wie das Cineforum und das Bozner Stadttheater zur Kenntnis nehmen.

    Cëla enghe:


    Autor:innen- und Gastbeiträge spiegeln nicht notwendigerweise die Meinung oder die Position von BBD wieder, so wie die jeweiligen Verfasser:innen nicht notwendigerweise die Ziele von BBD unterstützen. · I contributi esterni non necessariamente riflettono le opinioni o la posizione di BBD, come a loro volta le autrici/gli autori non necessariamente condividono gli obiettivi di BBD. — ©


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