Secondo il premier italiano Mario Monti la questione sudtirolese non avrebbe più carattere internazionale da quando, nel 1992, Austria e Italia chiusero la vertenza presso le Nazioni Unite. Lo ha detto in un’intervista concessa al quotidiano viennese Kurier, aggiungendo che i sudtirolesi sarebbero sufficientemente tutelati dalla costituzione italiana e che quindi il ruolo dell’Austria come potenza tutrice sarebbe ormai obsoleto e ingiustificato.
La cosiddetta quietanza liberatoria del 1992 chiuse la controversia iniziata nel 1960 da parte austriaca presso l’ONU, in seguito alla mancata applicazione del trattato Gruber-Degasperi da parte dello stato italiano. Tuttavia — e questo Monti sembra ignorarlo — non tolse valore e attualità al trattato stesso, tuttora in vigore e base giuridica della funzione dell’Austria in quanto firmataria.
D’altronde, la costituzione italiana, che comprende anche il nostro statuto di autonomia, da sola non offre garanzie sufficienti alla tutela delle minoranze linguistiche e del nostro autogoverno, in quanto modificabile in qualsiasi momento dal parlamento italiano, in presenza di una maggioranza assoluta, anche senza il consenso del Landtag sudtirolese.
Considerando le attuali dinamiche centralizzatrici sostenute da una larghissima maggioranza parlamentare, e visto lo stato di avanzata assimilazione della quasi totalità delle comunità linguistiche presenti sul territorio dello stato italiano, i timori connessi a quest’eventualità non appaiono né remoti, né astratti.
In un periodo storico in cui si rende sempre più evidente la necessità di procedere verso un’intensificazione dei processi di unificazione e in cui le sovranità sono sempre maggiormente condivise, il tentativo di «rinazionalizzare» una questione come quella sudtirolese appare totalmente anacronistico. Se l’autonomia del Sudtirolo fosse veramente fuori pericolo, Monti non avrebbe nulla da temere dal ruolo (in tal caso totalmente astratto) dell’Austria — per cui appare difficile fugare la sensazione che l’intento sia quello di sbarazzarsene per poi sferzare il colpo finale alle tanto invise autonomie.
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